Scuola: tra banchi monoposto e annunci milionari, si tornerà in aula?
- Prosegue senza alcuna soluzione di continuità la querelle – ormai guerra aperta – tra sindacati, scuole e Ministero dell’Istruzione. A tenere banco, su tutto, resta il rientro in aula previsto per il 14 settembre, una data apparentemente lontana e, invece, pericolosamente vicina.
Mentre Lucia Azzolina continua a sostenere che non ci sarà alcuna criticità nella ripresa delle lezioni, infatti, a poco più di un mese dal tanto atteso lunedì settembrino, presidi e associazioni di categoria si confermano preoccupati e non smettono di far sentire la propria voce. La riapertura delle scuole, dicono, sembra ancora troppo approssimativa e per nulla rassicurante, con la didattica a distanza che aleggia sulle spalle di alunni e insegnanti, generando inevitabile – e giustificato – allarmismo generale. A destare maggiore preoccupazione è soprattutto il lasso di tempo a disposizione degli istituti scolastici, costretti a combattere su più fronti per assicurare il ripristino delle attività in piena sicurezza. Tuttavia, combattere con la clessidra già ampiamente girata e un punto di partenza mai realmente passato dal via suona piuttosto difficile, e non solo agli addetti ai lavori.
Sia chiaro, il nostro non è un processo alle intenzioni. Se le risposte che, si spera, arriveranno a breve soddisferanno quelle che sono le necessità di una scuola che deve reagire alla pandemia, non potremo che gioirne. Conoscendo burocrazia e istituzioni italiane, però, facciamo fatica a credere che ciò possa avvenire già nelle prossime settimane. I problemi e le carenze ataviche di strutture e sistema scolastico non spariranno di certo adesso, anzi, la crisi sanitaria e la messa in atto di misure emergenziali rischiano di acuire distanze e inefficienze che la politica conosce da sempre e da sempre volutamente ignora. Anche in questa delicata fase.
Per mesi – denuncia la UIL – 18 tecnici hanno lavorato, gratuitamente, su incarico del Ministro mettendo a punto un piano, pronto dal 27 maggio e ridefinito il 12 luglio che è rimasto nei cassetti di Viale Trastevere. Perché non c’è traccia di quel lavoro? Perché l’idea di un anno costituente della scuola dopo il COVID non è progetto da mettere al centro di un dibattito pubblico? La discussione, infatti, sembra essersi arenata su un tema certamente importante, ma affatto miracoloso. Parliamo dei nuovi possibili banchi, le famose postazioni monoposto che tante controversie hanno generato e continuano a generare. Ma facciamo un piccolo riepilogo.
Nel mese di luglio, il Commissario straordinario per l’emergenza COVID, Domenico Arcuri, su richiesta del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha indetto una gara pubblica europea, con scadenza al 30 dello stesso mese, per l’acquisto di un massimo di tre milioni di banchi per garantire la riapertura dell’anno scolastico in sicurezza: in particolare, fino a 1.5 milioni di banchi monoposto tradizionali e fino a 1.5 milioni di sedute attrezzate di tipo innovativo. Del nuovo arredo aveva già parlato il Ministro nelle settimane precedenti, arrivando a collaudarlo in diretta tv ospite di un noto programma su La7. La postazione – stando ai prototipi pubblicamente mostrati – consisterebbe in una sedia con tavolino a scomparsa, spazio per lo zaino e addirittura cinque ruote per spostare il banco in base alle necessità. Una soluzione che, se da una parte dicono possa garantire le cosiddette rime buccali (le distanze minime da bocca a bocca) e di risparmiare spazio, dall’altra non appare sicura in caso di terremoto o addirittura di incendio. Ulteriore criticità, sottolineano i più attenti, è il materiale dei monoposto: la plastica. Un aggravante non da poco.
Ecco che, allora, i detrattori di questi suppellettili parlano di un grosso spreco di denaro che poco o nulla potrà cambiare, finendo per sembrare l’ennesimo tappeto per nascondere la polvere. Il bando prevede, inoltre, che le imprese assicurino, oltre ai prodotti richiesti, anche l’imballaggio, il trasporto, la consegna e il montaggio entro il 31 agosto. Una sfida non da poco conoscendo le lungaggini nostrane. Per questo, forse, la chiamata è alle aziende d’Europa e non soltanto a quelle italiane. La spesa, invece, sembra aggirarsi intorno a qualche centinaia di milioni di euro. Una somma che molti addetti ai lavori destinerebbero a ben altro. A chi l’ha contestata, Azzolina ha risposto che lo Stato si è preso la responsabilità di sostenere le scuole aiutandole a rinnovare gli arredi. In tanti, invece, parlano di priorità maggiori: assunzione del personale, riduzione del numero di studenti per classe – evitando le cosiddette classi pollaio – e interventi di edilizia scolastica, soprattutto nelle aree più disastrate che da tempo lamentano strutture fatiscenti e prive dei requisiti minimi. In troppe, ovviamente, nel tanto vituperato Sud Italia.
Mentre la disputa ruota intorno ai banchi, dunque, sembra perdersi di vista quello che è il vero e unico imperativo: tornare in aula, subito e in modo sicuro. Saremo pronti per settembre, sostiene il Ministro. L’obiettivo è di riportare tutti a scuola, anche migliorando gli spazi. Oltre a migliorare gli spazi, il Ministero è al lavoro per far sì che le lezioni possano essere ospitate altrove. Sì, ma come? E dove? Quel che appare probabile – perché di certo non c’è nulla – è che si stia pensando a una riduzione del programma e a uno sdoppiamento delle ore per gli insegnanti a cui resta – o dovrebbe restare – assicurato lo stesso quantitativo previsto da contratto. Piuttosto, potrebbero trovarsi a ripetere la stessa lezione ai vari gruppi in cui gli alunni rischierebbero di essere divisi.
E qui, come temuto, la Dad torna prepotente in scena, sebbene – stando alle parole di Lucia Azzolina – complementare soltanto per gli over 14, se necessaria. Pare comunque che ogni scuola dovrà definire le modalità di realizzazione della didattica digitale integrata, in un equilibrato bilanciamento tra attività sincrone e asincrone. A tal proposito, in attesa di ulteriori chiarimenti, non spingeremo il discorso sulle linee guida circolate online in questi giorni che la Repubblica dichiara di aver letto e il Ministro bolla come fake news. Ennesima prova di una confusione ampia e diffusa che nuoce soltanto le famiglie, su tutti, e gli insegnanti, al momento all’oscuro di come e quando torneranno a lavoro, vittime – anche loro – di un sistema politico e sociale che non tutela i lavoratori.
Il 1 agosto è la data che scioglie formalmente le attività della Commissione. È tempo, ora che la clessidra inizia a svuotarsi, di chiarire la scuola che si vuole e la scuola che sarà. Perché la scuola – come sottolineato da Turi, esponente UIL – è democrazia, educazione, è far sognare i giovani, è far crescere il Paese, è comunità educante.
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