23 euro lordi in busta paga: davvero si parla di aumento?
Arriverà ad aprile, tutt’al più a maggio, l’incremento di 23 euro lordi medi da destinare nelle buste paga di insegnanti e ATA. Trecento milioni verranno infatti versati nelle tasche del personale scolastico in seguito alla firma dell’integrazione proposta nei mesi scorsi dal Ministro Valditara e adesso concretizzatasi.
Stanziati dalla Legge di Bilancio 2022 sul Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (FMOF) a disposizione della contrattazione tra ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e le organizzazioni sindacali per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto Istruzione e Ricerca, i fondi saranno destinati all’incremento della componente fissa della retribuzione.
La conferma è arrivata nella giornata di martedì attraverso le dichiarazioni della Sottosegretaria all’Istruzione e al Merito Paola Frassinetti (FdI): «L’aumento di 124 euro in più per gli insegnanti è la tangibile dimostrazione della volontà di venire incontro a una categoria sempre vessata dai precedenti governi. Questo è il secondo aumento nel giro di sei mesi».
Il riferimento è al provvedimento dello scorso novembre quando fu approvato lo stanziamento di circa 100 euro medi lordi (a cui vanno aggiunti i 23 euro di cui sopra) più gli arretrati del CCNL 2019-2021 – per una media di 2000 euro – da elargire in aggiunta allo stipendio e alla tredicesima già previsti a dicembre. Una disponibilità finanziaria pari a 100 milioni di euro da destinare alla componente fissa della retribuzione accessoria per l’anno 2022, nella misura di 85.8 milioni per i docenti e 14.2 milioni per il personale ATA.
La manovra aveva fatto tanto esultare politica e sindacati – addirittura per Valditara si era trattato di una giornata storica – ma decisamente meno gli insegnanti che, ancora una volta, si erano sentiti presi in giro da tanta propaganda. Cosa sono 100 euro lordi se non una piccola, infinitesimale, mancia per mettere a tacere quello che è un settore che da sempre fa gola alla politica? Ci eravamo chiesti noi e ci chiediamo ancora, nonostante i toni trionfalistici di questo nuovo “aumento”. Cosa sono 124 euro lordi – non netti, ribadiamolo – se non un altro giro in passerella? Un finto accordo per convincere l’opinione pubblica di un interesse verso la scuola e i suoi componenti che non c’è realmente?
L’aumento effettivo, infatti, è variabile a seconda del livello di inquadramento, della posizione lavorativa e dell’anzianità del singolo dipendente. Ciò significa che la somma media di aumento dello stipendio ammonta a circa 14 euro netti mensili. Una risposta non così efficace per quei docenti che, come dimostrano i dati, in dodici anni hanno perso il 16% circa di potere di acquisto, una riduzione che ha modificato (e tanto) l’appeal dello status di lavoratore della scuola. Diciamolo senza girarci intorno: la paghetta settimanale di molti studenti è decisamente più alta.
Viene da sorridere, dunque, quando Ella Bucalo, senatrice di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Cultura del Senato, parla di scelta coraggiosa e senza precedenti da parte di un governo che ha dimostrato la ferma volontà di non scendere a compromessi quando in gioco ci sono i diritti di lavoratori e studenti. Ma dov’è il coraggio? Il compromesso appare evidente, dov’è invece il cambio di rotta rispetto al passato?
Gli insegnanti chiedono da tempo un adeguamento di stipendio di almeno 200 euro netti mensili a invarianza degli oneri contrattuali. Nessun governo, tuttavia, ha inteso ascoltarli, né ieri né oggi. E – dispiace dirlo – nemmeno i sindacati che celebrano questi spicci come una grande conquista salariale e sociale.
«Abbiamo portato a compimento l’impegno che avevamo assunto in sede politica e con il personale scolastico – ha dichiarato il Ministro Giuseppe Valditara – perché la valorizzazione dei lavoratori della scuola è una delle nostre missioni e perché non può esserci Merito senza Dignità, che va salvaguardata anche tramite l’incremento delle risorse destinate a migliorare le retribuzioni in tutto il comparto scuola».
«Questo risultato è il frutto di un rapporto sano fra il governo e le organizzazioni sindacali, fondato su un confronto costruttivo e pragmatico: è questo che intendo come Grande Alleanza, la collaborazione fra istituzioni, parti sociali, lavoratori della scuola, studenti e famiglie», ha concluso il titolare del dicastero di Viale Trastevere. Una dichiarazione quasi impeccabile, se non fosse che a mancare, anche in questa nuova manovra, mancano sia il merito sia la dignità, sia il confronto. Una Grande Alleanza che non tutela nessuno, se non la solita poltrona.
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