Scuola, torna il merito: Valditara e Meloni gettano la maschera
Dall’insediamento del Ministro Valditara in Viale Trastevere sono successe tante cose. La prima, forse la più significativa, riguarda il rinnovo del contratto del personale scolastico che tanta propaganda e rumore ha fatto per concludersi, in realtà, con una manciata di spicci da erogare proprio in questi giorni ai docenti.
Come abbiamo già raccontato, infatti, si tratta di un aumento di circa 100 euro medi lordi più gli arretrati del CCNL 2019-2021 – per una media di 2000 euro – da elargire entro la fine dell’anno (inizialmente era atteso per Natale), in aggiunta allo stipendio e alla tredicesima già previsti. Se la vera conquista restano gli arretrati, lo stesso non può dirsi per quello che hanno voluto venderci come una vera – tanto agognata – svolta: cosa sono, infatti, 100 euro lordi se non una piccola, infinitesimale, mancia per mettere a tacere quello che è un settore che da sempre fa gola alla politica? Un rinnovo irrisorio, non a caso giunto come uno dei primi provvedimenti governativi come voto di scambio del partito guidato da Giorgia Meloni, attualmente sostenuto in gran parte proprio dai docenti.
Non suona diversa l’ultima manovra, annunciata in pompa magna da governo e stampa, riguardante invece la 18App, il bonus che i più giovani hanno potuto utilizzare al compimento della maggiore età per i loro bisogni culturali. Inaspettatamente al centro del dibattito nelle ultime settimane, il Bonus Cultura, anche noto come 18App, è stato introdotto in Italia con la Legge di Bilancio 2016 per un totale di 500 euro da spendere in musica, libri, biglietti per spettacoli teatrali e molto altro destinati a chiunque diventasse maggiorenne in quello stesso anno. La misura è stata poi rinnovata di manovra in manovra e resa strutturale dal 2022 con una spesa annua massima di 220 milioni di euro.
Dal 2016 a oggi, ne hanno usufruito 2,5 milioni di neomaggiorenni, con un impiego di risorse di circa 1,1 miliardi di euro. Nel 2017, secondo i dati diffusi dall’allora MiBACT, i nati nel 1998 lo hanno speso nell’80,6% dei casi in libri per un totale di quasi 133 milioni di euro tra acquisti online e in negozio; nell’8,9% in concerti, cioè 15 milioni; nel 7,2% per il cinema (11 milioni) e solo nello 0,3% per musei ed eventi culturali. Il 2022, in particolare, è stato l’anno con maggiori richieste del bonus, che hanno raggiunto quota 441mila. Da quest’anno, però, qualcosa cambierà.
Se inizialmente era stata paventata la sua cancellazione, infatti, la Commissione Bilancio ha fatto un passo indietro probabilmente per rispondere alle tante critiche piovute tanto dalla politica quanto, soprattutto, dai più giovani che hanno temuto di vedersi sottrarre quella che – al netto di innegabili, necessarie migliorie – si è rivelata un’opportunità di avvicinamento al mondo culturale.
18App viene sostituita e migliorata introducendo due nuove misure, separate ma cumulabili: la Carta Cultura Giovani e la Carta del Merito, ha annunciato sui social Giorgia Meloni dando il via libera della Commissione Bilancio sulle due nuove “carte” previste. La prima riguarda un bonus per i diciottenni le cui famiglie hanno un ISEE non superiore a 35.000 euro, e l’altra prevede un bonus di 500 euro per chi conseguirà il diploma di istruzione secondaria superiore con una votazione di 100 centesimi. Nessun raddoppiamento dei fondi, però: sebbene le due carte siano cumulabili, infatti, i fondi stanziati passano da 230 milioni a 190 milioni.
Quello che era un bonus universale, dunque, muta la sua natura e diventa un bonus per alcuni, siano essi meritevoli per questioni reddituali o di risultati scolastici. Giusto nel primo caso, discutibile nel secondo.
Gli studenti provenienti da nuclei familiari più fragili rischiano, spesso, di abbandonare gli studi o di registrare un peggior rendimento, questo perché condizioni socioeconomiche e povertà culturale non sono scollegate a differenza di quanto si racconti. Ecco perché la Carta Cultura Giovani lascia perplessi laddove si registra una morsa sul reddito di cittadinanza che, invece, in tanti contesti ha permesso alle famiglie di sopravvivere e, quindi, anche ai propri figli di proseguire gli studi. Da oggi, invece, non sarà più così.
Basti pensare anche a un’altra notizia passata in sordina: la privazione del reddito di cittadinanza a chi non completa l’obbligo formativo, vale a dire un’emarginazione sociale radicale che non tiene conto del dovere dello Stato a cui – più che al cittadino – si riferisce proprio la parola obbligo. È lo Stato, infatti, a dover fornire la possibilità a tutti di avere un diploma di istruzione superiore e se non lo fa con il 13% della popolazione è perché quello stesso Stato ha fallito nel suo ruolo di garante universale del diritto.
C’è, poi, la Carta del Merito e quella parolina tanto cara a Valditara che torna in veste ufficiale. Questa soluzione prevede un bonus di 500 euro per chi ottiene il cento alla maturità, un premio, insomma, a chi produce di più o produce meglio. Torna la retorica dell’eccellenza, della competizione e del merito, una concezione della scuola fortemente selettiva che non indaga le cause ma si limita alla superficie, alla scuola come azienda, non come formazione ma come risultato, come numero. Che, poi, sul mercato del lavoro di oggi è tutto ciò che conta.
Gli educatori insistono nel fondere l’istruzione con la certificazione, scriveva Ivan Illich. Ancora non sapeva che, addirittura, l’Italia avrebbe avuto un Ministro che esalta l’umiliazione come fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità.
Da una parte, insomma, abbiamo lo svilimento, l’ennesimo, della professione docente; dall’altra – in piena continuità – la catalogazione degli studenti in numeri, in centesimi avulsi dalla loro personalità, dal percorso umano e didattico che è fatto di tante peculiarità, capacità anche eccellenti che non per forza si concretizzano in un risultato brillante. Come si spiega tutto questo? Con cosa pensiamo di stimolare i ragazzi alla riflessione, all’impegno, all’osservazione critica del mondo che non può e non deve ridursi in un irrisorio montepremi?
«Occuparsi dei migliori è facile, occuparsi di tutti richiede sostegno e capacità. È questa la nostra sfida» ha dichiarato Dario Ianes, docente di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano. La sfida che dovrebbe essere di tutti, di chi davvero crede nella scuola.
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