Giuliano, Lorenzo, Giuseppe: morire di ASL, morire di scuola
Giuliano De Seta è la terza vittima del 2022 dell’alternanza scuola-lavoro. È morto venerdì scorso, schiacciato da una lastra di acciaio presso lo stabilimento della Bc Service di Venezia, un impianto industriale specializzato nella lavorazione dei metalli. Perché si trovasse in fabbrica anziché in classe è una domanda che spesso abbiamo posto alla politica e a cui nessuno ha mai dato una risposta.
Introdotta nel 2017, l’alternanza scuola-lavoro è il nucleo centrale della Buona Scuola introdotta da Matteo Renzi al fine di rimediare alla totale assenza di connessione tra il mondo dell’istruzione e quello dell’impiego. Tuttavia, da sempre avversato dalla maggioranza del corpo docenti, il provvedimento si è presto trasformato ben presto in un’occasione per le aziende di munirsi di manovalanza gratuita.
Il numero di ore complessive di ASL o PCTO che ogni studente deve svolgere nei tre anni finali di scuola superiore varia a seconda del tipo di percorso scolastico frequentato: non inferiore a 210 ore negli istituti professionali, a 150 negli istituti tecnici e a 90 nei licei. Ore ridottesi del 30% negli ultimi due anni a causa del Covid o trasformatesi in attività online, che hanno finito con il non esaltare la valenza formativa dell’orientamento in itinere e svolgere un processo di formazione integrale della persona e del sé.
Come recita la definizione di ASL, dunque, se l’intento è testare sul campo le proprie attitudini e consolidare le conoscenze acquisite a scuola presso un ente pubblico o privato nell’ambito di un vero e proprio tirocinio lavorativo, nei fatti questo tipo di esperienza si è trasformato spesso in uno stage non retribuito. Un illecito con il placet dello Stato.
È quello che è successo a Giuliano, che nell’azienda in cui ha perso la vita aveva già trascorso i mesi estivi lavorando, secondo un regolare contratto di apprendistato. È quello che successo a Lorenzo, diciotto anni, schiacciato – come un operaio qualsiasi di un qualsiasi cantiere di Italia – da una putrella di acciaio alla Burimec, società che realizza bilance stradali. È quello che è successo a Giuseppe, scomparso in un incidente stradale durante uno stage in un’azienda termoidraulica.
Dopo la loro morte di questo infausto 2022, le piazze si erano riempite di ragazzi. Ad accogliere le loro proteste, le occupazioni, le richieste di sicurezza, però, c’erano stati soltanto ingiustificate cariche delle forze dell’ordine, silenzi e – peggio ancora – toppe a interrompere l’indifferenza della politica. Eppure, tutto ciò che avevano chiesto, allora, era che non si morisse più di scuola. E, invece, eccoci di nuovo qui, a nemmeno pochi giorni dal rientro in aula (e in fabbrica), a piangere Giuliano, un altro sogno spezzato. Ad appena diciotto anni.
Come ha ben scritto Saverio Tommasi su Fanpage, l’Italia non ha bisogno di studenti che lavorano, ma di studenti che studiano e di lavoratori con buoni posti di lavoro. È questo che dimostra l’ennesima tragedia, che l’ASL, o PCTO che dir si voglia, va abolita senza se e senza ma.
Negli anni, sono stati tanti i casi di giovani impegnati negli autogrill o presso gli uffici comunali a portare caffè, a fare fotocopie, a riempire il tempo in azienda senza avere – concretamente – l’opportunità di imparare il mestiere o relazionarsi in un contesto già adulto. E non sono pochi coloro che hanno raccontato di vere e proprie condizioni di lavoro non tollerabili da un sistema che, invece, dovrebbe garantire l’insegnamento di materie coerenti con il percorso di studio intrapreso e propedeutiche al corretto inserimento nel mondo post-scolastico. Un mondo che Giuliano, Lorenzo e Giuseppe non vedranno mai e che, al contempo, hanno conosciuto nella sua veste peggiore.
Perché Giuliano, Lorenzo e Giuseppe sono morti perché lo Stato antepone il profitto alla tutela, perché il modello produttivo avallato da tutte le fazioni partitiche che oggi si contendono la poltrona guarda con interesse soltanto alla formazione di nuova forza lavoro, anziché di teste pensanti, in grado di ragionare, unirsi e pretendere uno stato di cose diverso da quello attuale. Perché Giuliano, Lorenzo e Giuseppe sono già troppi, sono già inaccettabili, sono già una vergogna per uno Stato troppo preso dai propri interessi anziché dal futuro dei suoi giovani.
E come operatori scolastici, come docenti, genitori, studenti, abbiamo il dovere di pretendere qualcosa di diverso. Che nessuno, a diciotto anni, muoia a scuola, di scuola, per la scuola.
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