Concorso ordinario: fino al 90% di respinti. Un altro fallimento
Cosa si richiede ai futuri insegnanti? Puro nozionismo o qualcosa di più di tanto studio (e a volte fortuna)? Qual è il confine, per nulla labile, tra capacità mnemonica e capacità di insegnamento? Ce lo chiedevamo appena due settimane fa, a pochi giorni dall’inizio delle prove del concorso di scuola ordinaria di primo e secondo grado, e torniamo a farlo oggi, con i numeri che confermano un fallimento (un altro) ampiamente annunciato.
Sono tantissime le classi di concorso con zero ammessi, altrettante con non più del 5% di sufficienti e pochissime quelle con una discreta percentuale di chi ha superato i test. Un risultato che i sindacati già definiscono flop: «I concorsi fanno acqua da tutte le parti: se passano in così pochi c’è qualcosa che non va nel modo di selezionare».
Ad attendere le prove era circa mezzo milione di candidati per un totale di 30mila posti tra la scuola media e le scuole superiori, con anche ruoli di sostegno. Candidati a cui gli esami sono stati annunciati con un preavviso quasi nullo (in alcuni casi, poco più di due settimane) che li ha costretti a prepararsi in tempi strettissimi e, laddove possibile, organizzare trasferte in men che non si dica. Sarà anche per questo che si è registrato un alto tasso di assenteismo che non faceva ben presagire.
Tuttavia, a scoraggiare i tanti che non hanno perso l’occasione per far sentire la loro voce sui social, cercando conforto gli uni con gli altri, è stata difficoltà riscontrata nelle domande. La sensazione, da molti provata, infatti, è che – al netto dell’importanza di una conoscenza più che dettagliata delle materie di esame – la richiesta fosse esagerata, al limite dell’enciclopedico: «Se ci ritroviamo con centinaia di migliaia di respinti nemmeno meritevoli di essere ascoltati all’orale, forse sono le prove il problema: delle domande impostate male, probabilmente non previste nemmeno dal programma o non pertinenti» continuano i sindacati.
I test, computer based, sono distinti per classe di concorso e tipologia di posto. 50 quesiti volti all’accertamento delle competenze e delle conoscenze sulle discipline riguardanti la classe di concorso (per i posti comuni), sulle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità (posti di sostegno), sulla conoscenza della lingua inglese di livello B2 e sulle competenze digitali relative all’uso didattico delle tecnologie e dei dispositivi elettronici multimediali (posti comuni e di sostegno).
Eppure, a oggi, non sono mancati quesiti lontani dai reali programmi scolastici e la scarsa attinenza delle domande di informatica su programmi e applicazioni che non verranno utilizzati a scuola o sulla specificità di alcuni strumenti che non tutti sono tenuti a conoscere. Più facili del previsto, invece, le domande in lingua inglese. A contribuire alle complicazioni la modalità “a crocette” che di certo non mette in luce le competenze ma rischia di trarre in inganno a causa di distrattori che – vogliamo ripeterlo – non possono essere fattori abilitanti. Perché l’insegnamento non è un gioco di fortuna.
Deluso, almeno a parole, anche il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che – dinanzi al fallimento di queste settimane – ha dichiarato: «Lo abbiamo ereditato dal passato, sono impegni presi in precedenza che vanno onorati. Ma è un sistema delle prove non adeguato. Stiamo andando verso concorsi annuali, avere ben chiaro quanti sono i posti vacanti disponibili in ogni area. Questo era l’ultimo passaggio di una storia precedente, che ha dimostrato tutti i limiti, non c’è dubbio. I cambiamenti che abbiamo di fronte sono più rapidi dei tempi della scuola». Per il titolare di Viale Trastevere era difficile, d’altra parte, restare in silenzio dinanzi a una disfatta di tale portata. Perché se i concorsi sono sempre al centro di polemiche e prevedibili accuse di chi non ce la fa a superarli, stavolta i bocciati sono praticamente quasi tutti i partecipanti.
Come accennavamo in apertura, infatti, tra le classi di concorso che hanno già affrontato la prova scritta, si parla persino del 90% di respinti, una vera e propria strage che non fa bene alla scuola e al Paese tutto. Uno dei risultati migliori si registra in Puglia dove per la classe di concorso di inglese (AB24 e AB25) ha superato la prova un quarto dei partecipanti; ben diverso, invece, quanto accaduto con la classe A022 (italiano, storia, geografia per la secondaria di primo grado), dove a superare i test sono stati appena 87 aspiranti su 2300. Il 3.7% dei partecipanti, dunque, accederà agli orali. Numeri che parlano da sé.
«È sempre più chiara la necessità di rivedere il sistema di reclutamento, aprendo al doppio canale, che salvaguardi i precari con oltre 24-36 mesi sulla metà dei posti liberi, e che non si accanisca gratuitamente sui candidati andando addirittura a respingere persone preparate e competenti» suggerisce qualcuno. Ed è impossibile non concordare sull’urgenza di nuove modalità di accesso all’insegnamento e di debellamento della precarietà dilagante che alberga anche nella scuola.
Nuove modalità che, innanzitutto, prevedano il rispetto di chi aspira a quei posti messi a disposizione, con un preavviso che sia degno di chiamarsi tale, e che premino realmente le competenze, la passione, la validità a tutto tondo del candidato e non un mero nozionismo – spesso fine a se stesso o, peggio, frutto di una giornata dritta – che ben poco riconosce all’impegno.
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