No vax a scuola: la solita matriosca di ingiustizie
«Non posso condividere l’idea che si sia trovata una scappatoia, un cavillo per far rientrare i no vax, sostanzialmente per non fargli fare nulla, perché queste mansioni non a contatto con gli studenti di fatto non esistono, quindi è una finzione. Ritengo si sia trovato un escamotage per riprendere a pagar loro lo stipendio senza fargli fare nulla. Ma c’è di peggio perché questo stipendio verrà pagato sottraendo risorse al rinnovo dei contratti dei docenti tutti che nella stragrande maggioranza si sono vaccinati con grande senso di responsabilità. Un ennesimo esempio di come chi non rispetta le regole in questo Paese venga trattato con molta più attenzione di coloro che invece le rispettano. Mi sembra una beffa nei confronti dei tantissimi docenti che invece hanno rispettato l’obbligo vaccinale»: non le ha mandate di certo a dire il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli, dopo le recenti disposizioni governative.
Intercettato dai colleghi di Adnkronos, Giannelli ha espresso il suo disappunto per il prossimo rientro a scuola dei docenti non vaccinati previsto per venerdì 1 aprile. Si tratta di quanto disposto dall’ultimo Dl Covid, pubblicato in Gazzetta Ufficiale con le nuove Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, conseguenti al termine dello stato di emergenza. Così, sebbene fino al 15 giugno resti l’obbligo vaccinale per tutto il personale, le nuove norme impongono al dirigente scolastico di impiegare i docenti inadempienti in attività di supporto all’istituzione.
Chi ha scelto di non sottoporsi alla somministrazione del siero anti-Covid, dunque, potrà tornare a lavoro ma non in aula, evitando il contatto gli alunni. Ma a fare cosa? Al momento, non è ancora chiaro a quali mansioni faccia riferimento il provvedimento, pertanto si attendono le immancabili note ministeriali a supporto di quanto dichiarato in precedenza.
C’è, poi, anche un altro punto da chiarire: se il decreto legge 24 marzo 2022 n.24 esplicita che i dirigenti scolastici dal 1 aprile 2022 fino al termine delle lezioni dell’anno scolastico 2021/2022, provvedono alla sostituzione del personale docente ed educativo non vaccinato mediante l’attribuzione di contratti a tempo determinato che si risolvono di diritto nel momento in cui i soggetti sostituiti, avendo adempiuto all’obbligo vaccinale, riacquistano il diritto di svolgere l’attività didattica, non chiarisce la posizione del personale ATA, mai menzionato.
«È evidente che tutti vogliamo uscire dall’emergenza, vogliamo tornare alla normalità o pensare di essere tornati alla normalità. È chiaro che si dovesse andare in questa direzione. Osservo che siamo in un momento in cui i contagi crescono e io mi auguro davvero che siano state compiute tutte le valutazioni del caso, perché poi non vorrei che ci ritrovassimo di nuovo in una situazione incresciosa sul finire dell’anno scolastico», ha proseguito Giannelli. A fargli eco moltissimi presidi, altrettanto dubbiosi.
Lasciano non poche perplessità, infatti, le ultime misure governative. Sembra, di colpo, che il Covid, in Italia, sia sparito. Si cancellano le tutele precedenti, si azzera la prevenzione, si dimentica che la pandemia è in atto, ma nel frattempo si registrano decine di migliaia di casi al giorno, una curva in crescita e la quinta ondata ormai arrivata. A Palazzo Chigi, invece, si sta ben pensando di lasciarsi tutto alle spalle. Ma siamo pronti? E la scuola lo è? Per fortuna, almeno in questo senso, un piccolo dietrofront è già stato fatto riconfermando l’utilizzo delle mascherine – che lo stesso Ministro Bianchi aveva annunciato come prossime all’arrivederci – obbligatorio nei locali scolastici. D’altro canto, chiunque abbia un figlio, un fratello, un conoscente che ancora sta studiando sa bene che la pandemia, in classe, non è finita, con le defezioni che continuano a non mancare, in particolare tra i più piccoli, oggi forse i soggetti più esposti.
A tal proposito, nel suo ultimo rapporto settimanale, l’Istituto italiano di Sanità comunica che in tre mesi solo un bambino su tre è stato vaccinato contro il Covid: Nella fascia 5-11 anni in cui la vaccinazione è iniziata il 16 dicembre 2021, al 23 marzo 2022 si registra una copertura con una dose pari a 3.9% e con due dosi pari a 33.2%.
Fa specie, dunque, un atteggiamento come quello adottato dalle istituzioni. E fa specie, anche, a sindacati e politica. Al Ministero, infatti, tocca chiarire molti passaggi applicativi, in particolare – come accennato – in merito al personale non vaccinato, al fine di evitare ulteriori fratture all’interno della scuola tra chi ha adempiuto all’obbligo e chi, invece, ha deliberatamente scelto di non farlo. In caso contrario, si perseguirà lungo la strada delle discriminazioni che, ora, rischiano di acuirsi ancora di più.
Seppur limitandone l’operatività, consentire ai non vaccinati di tornare a scuola pare una beffa ai danni di chi, nonostante le titubanze, le paure, i leciti dubbi, ha comunque sottoposto se stesso alle somministrazioni, non una ma tre volte, al fine di essere in regola. Certo, stante al decreto, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni, ma chi tutela i colleghi? Come si spiega, ai ragazzi, che si può non rispettare le regole ma, in qualche modo, farla comunque franca?
«A oggi non sappiamo se queste attività saranno di supporto alle segreterie, alle biblioteche o ad altro – come se i luoghi scolastici non fossero comunque frequentati dagli alunni o da personale magari fragile – così come non sappiamo se l’impegno sarà di 18, di 24 o di 36 ore. Ma il problema maggiore è che questo personale docente continuerà a essere sostituito da personale a tempo determinato pagato con fondi attinti dal capitolo per la valorizzazione dei docenti. Si tratta di risorse confluite nel Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, una voce sostanzialmente incrementata dall’intervento parlamentare in Legge di Bilancio proprio per la valorizzazione del merito, quindi per quei docenti che quotidianamente lavorano in classe e si sono vaccinati», ha dichiarato Vittoria Casa, presidente Commissione Cultura Scienza e Istruzione alla Camera, a segnalare l’ennesimo sfregio.
Insomma, al netto di delucidazioni che, speriamo, migliorino l’applicazione di un (altro) decreto nebuloso, i docenti finiscono per non insegnare, chi insegna finisce per non avere la giusta ricompensa, tutti finiscono con il non essere tutelati, e la scuola brancola ancora nel buio. La solita matriosca di ingiustizie.
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