Legge di Bilancio: salva la Carta del docente, dimenticati precari e personale ATA
La Carta del docente è salva. Aveva fatto discutere, nei giorni scorsi, la bozza della Legge di Bilancio secondo cui la misura introdotta con la Buona Scuola sarebbe stata cancellata a favore dell’istituzione di un fondo per la valorizzazione della professione docente da 260 milioni di euro. E, così, il Consiglio dei Ministri – forse conscio dei malumori – ha scongiurato un epilogo infelice riconfermando il bonus di 500 euro annui destinati agli insegnanti.
La Carta del docente – che non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile – è un’iniziativa del Ministero dell’Istruzione prevista dalla legge 107 del 13 luglio 2015, art. 1 comma 121, che ha istituito una card elettronica per l’aggiornamento e la formazione dei docenti di ruolo delle istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale. Essa può essere utilizzata per l’acquisto di libri e testi – anche in formato digitale –, di pubblicazioni, riviste, hardware, software; per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali – svolti da enti accreditati dal Ministero dell’Istruzione; per l’iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, a corsi post lauream o a master universitari; per l’acquisto di titoli di accesso per rappresentazioni teatrali e cinematografiche; di titoli per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo; nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione, di cui articolo 1, comma 124, della legge n. 107 del 2015.
Giunta al suo quinto anno di attività, per qualche ora della scorsa settimana, la misura era parsa destinata alla cancellazione. O, meglio, quei soldi si diceva sarebbero stati fatti confluire nel rinnovo di contratto ancora da discutere e al centro di numerose querelle tra sindacati – che minacciano una rottura laddove non verrà garantito un aumento a tre cifre (come nel resto della Pubblica Amministrazione) – e vertici di governo. Nel corso del Consiglio dei Ministri, invece, l’articolo 102 che tanto aveva allarmato i docenti – Al fine di aumentare le risorse finanziarie destinate alla valorizzazione della professionalità del personale scolastico, le risorse relative alla Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all’articolo 1, comma 121, della legge 13 luglio 2015, n. 107, confluiscono sul fondo di cui all’articolo 1, comma 592 (quello del fondo) – è stato depennato. Non ha evitato, tuttavia, di dare fiato a un’altra annosa questione: l’estensione della Carta del docente ai precari.
Quest’ultima, infatti, è una battaglia storica, portata avanti da tempo dalle organizzazioni sindacali e dai supplenti che chiedono pari trattamento e l’opportunità, come per i loro colleghi già in una condizione di stabilità maggiore, di poter usufruire dei 500 euro per la loro formazione, in particolare in tempi di pandemia che hanno visto – e ancora vedono – gli insegnanti fare ricorso ai propri dispositivi per svolgere al meglio la didattica a distanza e per aggiornare le proprie competenze al fine di rispondere alle tante nuove esigenze che questi mesi hanno presentato alla scuola. Al momento, però, per loro non è previsto alcun contributo, ma si spera che in fase di discussione in Parlamento qualcosa possa cambiare, arrivando al riconoscimento di un diritto assurdamente negato.
E se lo Stato italiano continua a discriminare i precari, non va meglio al personale ATA, i cui contratti scadranno a dicembre ma mai menzionati. Sono stati prolungati fino a giugno, invece, i contratti per gli insegnanti Covid con un finanziamento di 300 milioni di euro. La dimenticanza, ovviamente, ha fatto andare su tutte le furie le parti in causa, ma non solo, che chiedono di prorogare i contratti anche agli amministrativi, ai tecnici e agli ausiliari che, altrimenti, verranno licenziati il prossimo 1 gennaio: la loro, in effetti, è una presenza importante, in particolare in tempi di emergenza come quelli che viviamo dentro e fuori le aule dei nostri istituti. Dalle incombenze burocratiche ai doppi turni, dagli assembramenti alla pulizia, è impensabile, al momento, rinunciare al personale aggiuntivo, soprattutto ad anno ancora in corso e dinanzi alle tante difficoltà che i mesi invernali rischiano di ripresentare.
Come se non bastasse, il personale ATA è quello a cui viene assegnato già il compenso mensile più basso della Pubblica Amministrazione e a cui non viene concesso di accedere a ruoli di coordinamento e/o di diventare DSGA (Direttore dei servizi generali e amministrativi). Come per i precari, inoltre, per la categoria non è previsto alcun fondo per l’aggiornamento professionale o l’acquisto di tecnologie atte a migliorare le proprie prestazioni di lavoro. Se la spesa annua per la Carta del docente è pari a 381.137 milioni di euro, però, sembra difficile pensare che possa essere ulteriormente estesa, in particolare se si pensa alla già difficile battaglia per il rinnovo del contratto degli insegnanti e la dimenticanza relativa al personale ATA.
La speranza, dunque, è che gli inquilini del Palazzo comincino seriamente ad ascoltare le istanze lamentate da tempo e a cercare di cambiare la scuola, come sempre decantato. Non resta, allora, che aspettare il 31 dicembre, data entro la quale le Camere dovranno approvare l’iter della manovra economica 2022.
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