Cattedre vuote: sostegno e supplenze ancora da coprire
Sono trascorse almeno un paio di settimane dall’inizio del nuovo anno scolastico. Tuttavia, ad allarmare i dirigenti scolastici – già alla prese con le normative anti-Covid e il controllo quotidiano del green pass – sono, come ogni settembre, i posti rimasti vacanti. Le cattedre scoperte, infatti, sono ancora tante. In particolare, a mancare sono i docenti di sostegno, una categoria spesso bistrattata: su un totale di 185mila posti di sostegno, meno della metà (80mila) sono stati assegnati a personale specializzato. Gli altri (più di 100mila) sono stati conferiti a precari perlopiù senza specializzazione. Un numero enorme che costituisce anche la metà delle cattedre assegnate a personale non di ruolo.
Delle circa 114mila supplenze annuali a oggi conferite, infatti, quelle di sostegno rappresentano ancora una volta più della metà del totale. Così, gli Uffici Scolastici, regionali e provinciali, stanno pubblicando le varie disponibilità, con i posti che rientreranno tra quelli attribuibili con sistema telematico non appena saranno concluse le operazioni di immissione in ruolo 2021/2022. Si andranno a sommare, poi, i 60mila posti di sostegno in deroga in scadenza a fine giugno cui si aggiungeranno quelli dei tanti ricorsi in atto, a causa della scarsa chiarezza sulla composizione delle graduatorie. I posti di sostegno vacanti si contano in tutte le regioni e in ogni ordine e grado.
Nel corso di un’informativa alla Camera del 7 settembre scorso, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si era vantato di un risultato storico: «Tutti i docenti in cattedra al primo giorno. Mai successo nella storia di Italia. Era un impegno che avevamo preso con le famiglie e ci siamo riusciti. In particolare, sul sostegno ritengo sia stato fatto un gran lavoro». Il Ministro aveva così ricordato le quasi 60mila assunzioni in ruolo già fatte e i 53mila incarichi annuali assegnati prima dell’inizio dell’anno scolastico, «quelli che in genere si facevano fra ottobre e novembre». I dati di questi giorni, però, sembrano suggerire altro.
La mancanza di docenti sta portando le scuole all’impossibilità di garantire l’orario completo delle lezioni. Nel Lazio, ad esempio, il tempo pieno non partirà a breve: nella sola Capitale, infatti, mancano 2800 docenti, un dato cui ha fortemente contribuito il disastro dell’algoritmo utilizzato quest’anno che tanti problemi ha causato nelle assegnazioni. Agli errori dell’algoritmo si sono aggiunte, poi, la disposizione della circolare del 6 agosto che ha impedito ai docenti inseriti nelle GAE e nelle GPS di presentare domanda di messa a disposizione e le difficoltà riscontrate in relazione alle graduatorie provinciali supplenze (GPS) stilate lo scorso anno che, tuttora, riportano numerosi sbagli. Su come gli uffici preposti intendano procedere ancora non ci sono comunicati ufficiali. Considerata la situazione, alcune voci ipotizzano che il Ministero possa rivedere quanto esplicitato in estate e consentire anche agli iscritti nelle GAE e nelle GPS di avanzare domanda di messa a disposizione per altre province. Quest’ultima – lo ricordiamo – è la candidatura spontanea presentata dall’aspirante supplente, docente o ATA, direttamente alla scuola, senza passare dalle graduatorie.
La situazione, comunque, è comune all’intero Paese. Dati nazionali ufficiali mancano, tuttavia da Nord a Sud sono tanti i presidi che lamentano l’impossibilità di un calendario definitivo. Sul tempo pieno, inoltre, l’Italia resta divisa in due: se in Lombardia e in Emilia-Romagna il servizo è attivo nel 60% delle scuole, in Campania è fermo al 18%. Questo perché i Comuni non riescono a garantire mense e trasporti, ennesima dimostrazione che il nostro è un Paese con esigenze e problematiche diverse di cui la politica non si occupa mai.
A proposito di cattedre vuote, come Roma, anche il Nord non gode di maggior fortuna. A Milano, in particolare, restano ancora da assegnare circa 4mila posti, in gran parte sul sostegno, più altri 700 posti in deroga sempre sul sostegno. Più in generale, in tutta la regione è rimasta scoperta più della metà dei posti; in Veneto e Piemonte mancano tre docenti su cinque. Stesso discorso al Sud: in Campania è scoperta una cattedra su cinque, in Sicilia due su cinque. Dunque, se è pur vero che il governo ha fatto un grande sforzo per assegnare le supplenze al 13 settembre, è altrettanto vero che più di qualcosa è andato storto: le 60mila assunzioni, infatti, sono poco più della metà dei 112mila posti autorizzati dal Mef a luglio, anche complice lo stop al concorso ordinario pensato da Azzolina e congelato causa Covid. Tante – fanno sapere gli istituti – sono, poi, le rinunce. Secondo la Cisl, in particolare al Nord: 2mila nella sola Milano, mille a Torino, 480 a Brescia, circa 500 a Firenze per i posti ATA.
Insomma, la fiducia del Ministro Bianchi – che sta dimostrando più personalità di quanta sembrasse averne nelle prime esternazioni – al momento sembra reggere poco. Ma a Viale Trastevere si spera sappiano più cose di quante ne comunichino.
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