Green pass a scuola: è giusto?
Il Green Pass è legge. Obbligatorio dal 6 agosto per accedere alle attività al chiuso – cinema, teatri, palestre, piscine, ristoranti e bar – il provvedimento varato dall’esecutivo per contenere il propagarsi della pandemia tiene scacco ovunque, dividendo esperti e opinione pubblica anche – e soprattutto – dopo l’introduzione, prevista per il primo settembre, della certificazione verde all’interno dell’istituzione scolastica.
Come si legge nel Piano Scuola reso noto nei giorni scorsi, per l’avvio del nuovo anno la sfida è assicurare a tutti, anche per quanto rilevato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS), lo svolgimento in presenza delle attività scolastiche, il recupero dei ritardi e il rafforzamento degli apprendimenti, la riconquista della dimensione relazionale e sociale dei nostri giovani, insieme a quella che si auspica essere la ripresa civile ed economica del Paese. A tal fine, viene rafforzata l’esigenza di bilanciamento tra sicurezza, in termini di contenimento del rischio di contagio, benessere socio-emotivo di studenti e personale della scuola, qualità dei contesti educativi e dei processi di apprendimento, e rispetto dei diritti costituzionali alla salute e all’istruzione. Da qui, l’imposizione del green pass al personale scolastico, che tanto sta facendo discutere.
Per i dipendenti della scuola, la certificazione costituirà requisito essenziale per lo svolgimento della propria attività lavorativa. In caso contrario, dunque in caso di mancata esibizione del requisito, si parlerà di assenza ingiustificata e, a partire dal quinto giorno di assenza, il rapporto di lavoro potrà considerarsi sospeso insieme alla retribuzione. A garantire il rispetto delle disposizioni saranno i presidi: le nuove regole, infatti, andranno a rafforzare le responsabilità dei dirigenti scolastici – per tale motivo, sul piede di guerra –, con multe che possono arrivare fino a 1000 euro se ci saranno docenti sprovvisti di certificazione valida. Gli unici a essere esentati, ovviamente, sono coloro che non possono accedere alle immunizzazioni per motivi di salute.
Come sappiamo, il green pass si ottiene a vaccinazione effettuata, dimostrando di essere guariti dal Covid o, provvisoriamente, sottoponendosi a un tampone valido per le 48 ore successive. Tuttavia, pur se non implicitamente, l’introduzione della misura sembra rispondere più a un’altra esigenza, in questo modo camuffata: quella dell’obbligatorietà vaccinale. Risulta difficile, infatti, pensare che i dipendenti della scuola possano sottoporsi ogni due giorni a un nuovo tampone, non fosse altro per la spesa che questo comporterebbe. Così come risulta impensabile che qualcuno rinunci al proprio lavoro – e al proprio stipendio – pur di evitare la vaccinazione. La domanda, dunque, è perché sia mancato, a livello istituzionale, il coraggio di una simile scelta, per qualcuno contestabile ma sicuramente più onesta e persino oculata se davvero è il vaccino la strada per arrivare in fondo al tunnel.
Nel nuovo Piano Scuola, d’altro canto, si ribadisce che per il CTS la vaccinazione costituisce, a oggi, la misura di prevenzione pubblica fondamentale per contenere la diffusione della Sars-Cov-2. Per garantire il ritorno alla pienezza della vita scolastica, dunque, è essenziale che il personale docente e non docente, su tutto il territorio nazionale, assicuri piena partecipazione alla campagna di vaccinazione. […] Al medesimo scopo, il Comitato ritiene necessario promuovere la vaccinazione dei più giovani, considerando che anche per gli studenti di età uguale o superiore ai 12 anni, benché per questi ultimi è noto che gli sviluppi di una sintomatologia grave sia evento infrequente e che i casi letali sono estremamente rari, nondimeno si rivela essenziale avanzare celermente nella campagna vaccinale. Tuttavia, per gli studenti– a esclusione degli universitari –, il green pass non è obbligatorio e non se ne comprende il motivo.
Per ripristinare l’attività didattica in presenza tentando di darle una certa continuità, infatti, la certificazione verde per i ragazzi sarebbe in linea con quanto premesso per i docenti e il personale ATA, altrimenti ogni sforzo potrebbe rivelarsi fine a se stesso laddove la fascia di età che va contagiandosi, in particolare con la variante Delta, si è drasticamente abbassata e – lo ripetiamo – il vaccino viene indicato dagli esperti, dal CTS in primis, come la più importante scelta, individuale e sociale, per uscire dalla situazione emergenziale. In questo modo, inoltre, tutte le parti della scuola sarebbero sullo stesso piano, senza rischi di discriminazione per i più fragili e/o fraintendimenti sulla natura di taluni provvedimenti.
Ora, al fine di fugare ogni dubbio sulla linea di Professione Docente circa vaccini e green pass e premettendo che chi scrive si è già volontariamente sottoposta a entrambe le somministrazioni del siero anti-Covid –, qualche riflessione è comunque necessaria: la certificazione verde è il lasciapassare imprescindibile per il più normale svolgimento delle lezioni? Se sì, è il solo strumento utile? Se il vaccino non è obbligatorio, perché lo diventa implicitamente tra le mura scolastiche?
A oggi, il personale docente e ATA risulta tra le categorie con la maggiore percentuale di vaccinati. I numeri variano dall’80 al 90% – in merito, ci sarebbero delle discrepanze tra quanto affermato dal Ministro Patrizio Bianchi e l’ultimo report settimanale –, una cifra alta destinata probabilmente a salire già nei prossimi giorni, a prescindere dalle novità legislative. Ciò che rischia di restare invariato, invece, sono le criticità denunciate a più riprese in questi lunghi mesi in cui, tra demagogia, mistificazioni e interventi decantati, ben poco è stato realizzato per consentire il tanto millantato ritorno alla normalità. E, su questo, il Governo Draghi ha molte responsabilità, così come il Governo Conte, ma con l’aggravante del tanto tempo trascorso dallo scoppio del Covid.
Dalle riconfermate classi pollaio alle assunzioni ancora da concretizzare, dagli edifici fatiscenti agli investimenti – questi sì assolutamente necessari – nel trasporto pubblico locale (per il quale non è richiesto alcun green pass, altra incongruenza), tanto, decisamente troppo, resta da realizzare per garantire davvero la regolare ripresa delle lezioni. A tal proposito, sembra non bastare la predisposizione di un piano di screening della popolazione scolastica a discrezione del Commissario straordinario per l’emergenza Covid – che può autorizzare una spesa di 100 milioni – né un investimento fino a 358 milioni per pagare chi dovrà sostituire il personale assente ingiustificato.
Anche per il trasporto pubblico si parla – ma se ne parlava già lo scorso anno – di nuovi fondi atti a finanziare servizi aggiuntivi. Nel frattempo, a bordo di autobus, tram e metropolitane non sarà obbligatorio avere la certificazione e la capienza resterà all’80%, quantomeno sulla carta. Basterà a evitare assembramenti, a impedire che personale e studenti non si ritrovino comunque in balia di eventi incontrollati? È il momento di smetterla di procedere per tentativi e di costruire, seriamente, la scuola e il Paese che vogliamo, perché il green pass di oggi non sia l’inutile anticamera dell’obbligo vaccinale di domani quando diranno che non avranno avuto altra scelta e staremo a chiederci perché non l’abbiano presa prima. Le istituzioni parlino adesso, si assumano la responsabilità. Altrimenti, sarà soltanto tempo perso.
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