Variante Delta in aumento: si intervenga ora che le scuole sono chiuse
La variante Delta inizia a preoccupare. Sebbene non in toni allarmistici, anche le istituzioni di casa nostra cominciano a riconoscerne la pericolosità, con il Ministro Speranza e il Viceministro Sileri che invitano all’attenzione, nonostante i numeri suonino ancora relativamente rassicuranti.
La variante sta crescendo in tutta Europa, addirittura sta rimodulando le aperture previste nel Regno Unito. L’agenzia ECDC stima che nel giro di qualche settimana sarà prevalente nel continente e, quindi, anche in Italia, lì dove il Ministero della Salute sottolinea quanto siano importanti il contact tracing – fino a ora praticamente inesistente – e il rispetto delle regole che hanno consentito di arrivare a togliere le mascherine il 28 giugno, mentre si investe sul sequenziamento per consentire una più rapida individuazione dei possibili focolai.
La mutazione del virus ha una maggiore trasmissibilità e sembra eludere parzialmente la risposta immunitaria, come ha riscontrato l’Istituto Superiore della Sanità nel suo ultimo monitoraggio settimanale. Nel Paese, i contagi relativi alla variante vedono un aumento del 16.8% rispetto al 4.2% del mese di maggio. I focolai si riscontrano un po’ ovunque, in particolare in regioni quali Lombardia, Piemonte e Campania, dove la densità di popolazione è alta e, quindi, anche il rischio di contagi incontrollati. Il quadro – sottolineano gli esperti – è in rapida evoluzione e conferma quanto ancora siano necessarie le misure di sicurezza, nonostante il passaggio in zona bianca dell’intero Stivale a esclusione della Valle d’Aosta. Altrettanto fondamentale è procedere con la somministrazione dei vaccini.
«La variante solleva preoccupazione perché è più contagiosa e può provocare patologie significative nei soggetti non vaccinati o in chi ha una sola dose di vaccino. Per questo è importante progredire con la campagna vaccinale», ha dichiarato il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico Franco Locatelli ai microfoni di Sky Tg24. «I vaccini stanno funzionando anche contro la variante Delta, ma dobbiamo essere certi che si faccia anche la seconda dose», ha proseguito la direttrice esecutiva dell’EMA Emer Cook.
Al 28 giugno, in Italia, sono stati effettuati circa 50 milioni di somministrazioni con più di 17 milioni di over 12 che hanno ricevuto entrambe le dosi. La percentuale di ciclo vaccinale completo, dunque, si aggira intorno al 33% della popolazione. Una stima che va assolutamente migliorata in vista di settembre, quando toccherà alle scuole ritornare a una normalità negata negli ultimi due anni scolastici.
A tal proposito, è di appena pochi giorni fa la lettera che il Commissario per l’emergenza Covid, Figliuolo, ha inviato alle Regioni, allertandole sulla necessità di perseguire la massima copertura del personale: Su una popolazione di oltre 1.46 milioni di soggetti, alla data del 23 giugno, 227970 non sono stati ancora raggiunti con la prima, o unica, dose, con una forte difformità sul territorio. Ci sono Regioni, infatti, in cui oltre il 25% del personale scolastico non risulta ancora raggiunto dalla vaccinazione. Quelle più indietro sarebbero la Campania, la Sicilia, la Liguria, la Sardegna e l’Umbria.
L’obiettivo, ha scritto Figliuolo, è individuare e recuperare tutti coloro che tuttora non sono stati immunizzati al fine di arrivare a settembre con qualche rassicurazione in più. Il timore principale resta quello della falsa partenza, così come avvenuto lo scorso anno quando i farmaci non erano ancora in circolazione. Altro obiettivo in vista delle riaperture è quello della vaccinazione degli adolescenti tra i 12 e i 16 anni. Intanto, una commissione costituita da Ministero della Salute e dell’Istruzione, dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’INAIL si è già riunita, ma non sembrano esserci grosse novità.
«Stiamo lavorando per escludere la dad l’anno prossimo. Ci stiamo lavorando tutti, non solo io, anche gli insegnanti. Lavoriamo per una scuola in presenza che dia molta attenzione alla società, c’è il bisogno dei bambini di tornare a trovarsi. Una scuola che però deve essere anche molta attenta a quel recupero di tutte le conoscenze che ovviamente in un anno così difficile sono state più carenti», ha dichiarato Patrizio Bianchi.
Chi ha una buona memoria sa che queste frasi non sono nuove. Non sono nuove adesso e non lo erano a settembre scorso, poi dopo Natale, quando le lezioni avrebbero dovuto svolgersi in aula e in piena sicurezza. Sappiamo tutti che non è andata così. Al netto della variante Delta, della campagna vaccinale che – si spera – verrà conclusa al più presto, possiamo davvero dire che la scuola riprenderà e bene? Possiamo davvero assumerci questa responsabilità? Certo, dinanzi a una pandemia è difficile fare previsioni sicure, ma è dovere intervenire laddove possibile per garantire la tutela dei diritti di ogni singolo cittadino: dalla salute al lavoro, dalla libertà allo studio.
Quali migliorie sono state apportate in questi mesi? Gli istituti sono rimasti fatiscenti, il sistema dei trasporti vetusto, il personale al momento carente e le classi pollaio riconfermate. Possiamo avere fiducia nei prossimi due mesi? Se non vogliamo ripiombare nell’incubo, se non vogliamo che gli sforzi di docenti, ragazzi e famiglie siano stati vani, se vogliamo investire sul presente per un futuro migliore, allora dobbiamo pretendere che si intervenga oggi, non domani, non a settembre, non dopo Natale. Oggi che, forse, qualcosa si può ancora fare.
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