Scuola: tra COVID e quarantena, il rientro è un buco nell’acqua
Lunedì 26 aprile l’Italia ha cambiato colore. Quasi tutte le regioni – a esclusione di poche – sono diventate zona gialla e, da allora, al netto di alcune variazioni, la situazione è rimasta più o meno stabile. Non può dirsi altrettanto, tuttavia, all’interno delle mura scolastiche che hanno visto, invece, un progressivo peggioramento di quella che avrebbe dovuto essere una quotidianità sotto controllo.
Come abbiamo già raccontato, dalla scorsa settimana le lezioni sono tornate tutte in presenza, tranne nelle secondarie di secondo grado dove la ripresa sta seguendo lo schema sottostante:
- in zona rossa, è garantita la presenza in aula per almeno il 50% (fino al 75%) della popolazione studentesca;
- in zona gialla o arancione è garantita la presenza per almeno il 70% fino a un massimo del 100% degli alunni per classe.
Nell’esercizio della propria autonomia didattica e organizzativa, comunque, ciascuna istituzione scolastica ha la facoltà di individuare modalità differenti di accoglienza, restando nei limiti previsti. Sta succedendo in Campania, ma anche in altre regioni di Italia. Da Nord a Sud, però, sta succedendo anche altro: sono sempre di più, infatti, gli istituti che si stanno arrendendo alla dad e non solo nelle secondarie di secondo grado.
Negli ultimi giorni, stanno aumentando le classi in quarantena e la presenza delle varianti in sette Paesi europei sta facendo aumentare anche il rischio di ricovero ospedaliero tra i più giovani. Un dato che, certamente, non può lasciare indifferenti e che riporta in auge discorsi – e polemiche – mai sopiti in questi lunghi mesi.
I contagi a scuola dipendono in gran parte dalle mutazioni del coronavirus. A sottolinearlo è uno studio i cui dati sono stati pubblicati su Eurosurveillance, la rivista scientifica online del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Gli esperti si sono concentrati sulle tre varianti più diffuse in Europa e hanno indicato che tutte, seppur in misura diversa, stanno contribuendo a rendere più vulnerabile la popolazione, anche quella meno anziana. Una ragione in più, si legge nello studio, per raggiungere rapidamente livelli elevati di copertura vaccinale.
Nella settimana dal 19 al 25 aprile, nella sola Lombardia – più precisamente, nelle province di Milano e Lodi – i casi nelle scuole comunicati da ATS sono 658 di cui 536 studenti e 122 operatori scolastici. Le persone isolate, invece, sono 8779 (8421 alunni). In Friuli Venezia Giulia, l’unico aumento di contagio che si registra è quello della fascia anagrafica dai 14 ai 18 anni. Dunque, tra la popolazione scolastica. In Veneto i positivi, tra studenti e personale, sono 2001 (1832 studenti, 169 dipendenti) per un totale di 1270 eventi rilevati, ossia la presenza di uno o più contagi per classe. Gli studenti in quarantena sono 21657, 1593 quelli del personale.
Intanto, in Liguria, Piemonte, Toscana e nelle Marche sono tanti gli istituti completamenti serrati con quarantene che dureranno quasi fino alla metà di maggio. Stesso discorso anche nelle altre regioni del Centro-Sud dove si registrano, in particolare in Puglia e in Sicilia, due situazioni anomale.
Da Bari in giù la percentuale degli studenti tornati a seguire in aula è piuttosto bassa, il che dimostra – come dichiarato da Roberto Romito, presidente dell’Associazione presidi regionale – il totale fallimento della riapertura nel secondo ciclo, causa la didattica a scelta imposta dall’ordinanza regionale. Dal monitoraggio da loro effettuato su un campione di cento istituti, infatti, risulta che nelle scuole del primo ciclo sta frequentando il 56.6% degli alunni, nelle scuole del secondo ciclo il 6.6%.
In Sicilia, invece, gli studenti positivi sono risultati 3142 (0.47%), i docenti 376 (0.46%) e 108 gli impiegati ATA (0.52%). Dal raffronto con la prima settimana di rilevazione – rileva l’Ufficio Scolastico – l’incidenza è passata dallo 0.33% dell’1 marzo all’attuale 0.46% per il personale docente e dallo 0.31% dell 1 marzo all’attuale 0.52% per il personale ATA. Dal 19 novembre 2020 a oggi, dunque, in valore assoluto si riscontra un aumento pari a 82 alunni positivi in più per l’infanzia (+40%) e a 207 per la primaria (+23%) mentre si registra un decremento pari a 170 alunni per il primo grado (-18%).
Al di là dei numeri, comunque, in tutto lo Stivale a destare confusione, nervosismo e preoccupazione è proprio la questione legata all’isolamento. Le novità, in tal senso, erano state introdotte nel documento dell’ISS del 13 marzo scorso con le indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da Sars-Cov-2 in tema di varianti e vaccinazioni. In caso di un alunno positivo – si leggeva –la quarantena scatta per tutti i compagni di classe che hanno frequentato la scuola nei giorni precedenti all’insorgenza dei sintomi e non più 48 ore prima. Lo stesso vale per gli insegnanti che sono contagiati. Sono considerati contatti stretti gli studenti delle classi in cui l’insegnante ha svolto lezione nelle 48 ore antecedenti l’insorgenza dei sintomi o, se asintomatico, nelle 48 ore precedenti il tampone. Una questione che diventa problematica laddove il docente copre più classi di un istituto.
Inoltre, nelle scuole dove il 30% delle classi è coinvolto da almeno un caso di COVID, l’ASL valuta anche la sospensione delle attività in presenza per l’intero plesso scolastico, la quarantena di tutti i soggetti che frequentano la scuola (ossia di tutti i bambini studenti, compresi quelli delle classi non interessate da casi) e l’effettuazione di uno screening completo mediante tampone. Per ciò che riguarda la quarantena, poi, per i contatti di caso sospetto o confermato con infezione sostenuti da variante, essa non può essere interrotta al decimo giorno. Al quattordicesimo giorno, infine, deve essere effettuato un test molecolare.
Regole, queste, che stanno allarmando il personale scolastico costretto, spesso, a isolamenti ingiustificati o – peggio – a quarantene mancate e/o tardive, come si segnala un po’ in tutto lo Stivale. Insomma, mentre si attende che la campagna vaccinale dedicata al comparto scuola riprenda, se l’intento della riapertura era restituire ai ragazzi spazi fondamentali di socialità ordinata, stando alle ore effettivamente svolte in presenza si tratta dell’ennesimo buco nell’acqua.
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