Il 90% degli studenti torna in aula: da lunedì cambia tutto. O forse no
Da lunedì 26 l’Italia cambia colore. Quasi tutte le regioni passeranno in zona gialla a esclusione di Sardegna (rossa), Valle d’Aosta, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia (arancioni). Con l’RT nazionale in discesa, dunque, si confermano le lezioni in presenza.
A tal proposito, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 52 del 22 aprile 2021 – Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione –, mentre con una nota del 23 aprile il Ministero dell’Istruzione ha indicato gli aspetti principali per ciò che concerne la realtà scolastica. In particolare, dai documenti si evince che da qui a fine anno sarà garantita la didattica in presenza per tutte le classi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della secondaria di primo grado, anche nelle eventuali zone rosse. Discorso diverso, invece, nelle secondarie di secondo grado.
Dal 26 aprile, infatti:
- in zona rossa, per le scuole secondarie di secondo grado è garantita la presenza in aula per almeno il 50% (fino al 75%) della popolazione studentesca;
- in zona gialla o arancione è garantita la presenza per almeno il 70% fino a un massimo del 100% degli alunni per classe.
In zona rossa, inoltre, resta sempre garantita la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, garantendo comunque il collegamento telematico con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata.
Da lunedì 26, dunque, circa il 90% degli studenti italiani tornerà tra i banchi. L’obiettivo del rientro di massa – precisa la nota ministeriale – è restituire ai ragazzi spazi fondamentali di socialità ordinata.
Ciascuna istituzione scolastica, nell’esercizio della propria autonomia didattica e organizzativa, potrà comunque individuare modalità differenti di accoglienza, restando però nei limiti previsti. Una situazione che in Campania vede – al momento in cui scriviamo – la riduzione del minimo di presenze al 50% al fine di assicurare il rispetto del distanziamento minimo richiesto dalle vigenti misure di sicurezza. Il Ministero ha raccomandato, inoltre, che venga riservata una quota di didattica in presenza maggiore agli studenti che frequentano le classi iniziali e finali dei cicli scolastici, anche al fine di meglio accompagnare la preparazione agli esami di Stato.
Il decreto prevede che le disposizioni non possano essere derogate dai Presidenti delle Regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano e dai Sindaci, se non in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica. I provvedimenti di deroga sono motivatamente adottati sentite le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, anche con riferimento alla possibilità di limitarne l’applicazione a specifiche aree dei territori.
Questa precisazione sembra spegnere le polemiche degli ultimi giorni o, al contrario, ravvivarne le fiamme. Dopo l’annuncio di Mario Draghi sulle presenze al 100%, infatti, le Regioni si erano subito ribellate. Così, su loro richiesta, si era arrivati a un minimo del 60% nelle secondarie di secondo grado, passato oggi al 70%. Una novità che comunque ha lasciato interdetti i Presidenti che potranno scegliere, nei limiti previsti, di destinare un numero maggiore di alunni alla dad. Insomma, nonostante l’anno scolastico sia praticamente in dirittura d’arrivo, non si placano le rotture tra autorità nazionali e locali, sin dalle prime battute su due fronti opposti, ognuna mossa da interessi di varia natura e non sempre legati alla sicurezza dei ragazzi, dei docenti e delle loro famiglie.
A ormai molti mesi dall’inizio di questo surreale periodo, infatti, la situazione all’interno degli istituti non è mai veramente cambiata. Checché ne pensi il Ministro Bianchi – Non condivido l’idea del non si è fatto nulla – la sensazione è che anche questo ritorno tra i banchi di scuola continui a essere più una mossa politica che una concreta e reale volontà di restituire ai più piccoli un tempo perduto per sempre e delle cui conseguenze ci accorgeremo, forse, già nei prossimi mesi.
Intanto, una volta ribadito il protocollo da rispettare (n.87 del 6 agosto 2020) – dalle mascherine al distanziamento –, al fine del contenimento del contagio è stata avanzata l’ipotesi di scuola all’aperto. Laddove il contesto lo consenta – si legge nella nota – si richiama la possibilità che le attività didattiche si svolgano fuori dalle mura scolastiche, anche per contrastare le difficoltà a vivere gli spazi e l’altro riscontrate nel lungo periodo di lockdown. Viene inoltre ricordata la necessità di nominare il medico competente e, su base volontaria in accordo con le ASL e le Regioni, l’avvio di iniziative di screening e tracciamento. Due parole, a distanza di un anno, ancora sconosciute. A scuola, ma non solo.
Basta, infatti, leggere i dati di questi primi giorni di riaperture degli istituti per comprendere quanto, ancora, la scuola non possa dirsi sicura. Quanto ancora al fato si è costretti ad affidarsi, nella speranza di restituire – davvero e, finalmente, per un tempo prolungato – spazi fondamentali di socialità ordinata.
Eppure, la nota ministeriale si conclude così: Il tempo della pandemia è stato tempo di frammentazione […]. Sappiamo pure quanto la lontananza da scuola abbia nuociuto agli apprendimenti e quanto disagio psicologico abbia determinato […]. Ben pochi i bambini e i ragazzi “attrezzati” per comprendere cosa stesse accadendo nel mondo […]. Ora, nell’esercizio della propria funzione educativa, alle scuole è affidato il compito di accogliere gli studenti che rientrano in classe con particolare attenzione pedagogica. Occorre affiancarli e sostenerli nel ritorno alla socialità scolastica, avendo particolare attenzione e comprensione in questo tempo che per molti costituisce un vero e proprio reinserimento scolare. Occorre “prendere con sé” specialmente coloro che più a lungo ne sono stati privati o che comunque manifestino (esplicitamente o implicitamente) forme di disagio. E, non da ultimo, occorre lavorare insieme per recuperare la fiducia, fiducia in se stessi, nei propri compagni e amici, nella scuola, nel mondo adulto di riferimento.
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