Patrizio Bianchi: il volto (quasi) nuovo dell’istruzione
Patrizio Bianchi: è questo il nome del nuovo Ministro dell’Istruzione. Scelto dal Premier Mario Draghi lo scorso venerdì quando, salito al Colle dal Presidente Mattarella ha sciolto la riserva, sabato ha giurato al suo fianco insieme all’intera – e già discussa – squadra di governo, un mix di tecnici e politici. Ma chi è il successore di Azzolina?
Ex rettore dell’Università di Ferrara, la sua città natia, Patrizio Bianchi ha 68 anni: si è laureato in Scienze Politiche con lode all’Università di Bologna, dov’è stato allievo di Romano Prodi e di Alberto Quadrio Curzio. Ha studiato alla London School of Economics, è diventato ricercatore alla facoltà di Economia a Trento, poi a Udine e Bologna. All’Alma Mater è stato nominato professore associato e, anni dopo, ordinario di Politica Economica. Nel 1997 il trasferimento all’Università di Ferrara, di cui è diventato rettore nel 2004 fino al 2010. In Emilia-Romagna è stato anche Assessore all’Istruzione per due mandati, prima con Vasco Errani e poi con Stefano Bonaccini, occupandosi della complessa ricostruzione delle scuole dopo il sisma.
Qualcuno, tuttavia, lo ricorderà proprio al fianco dell’ex titolare del MI. Prima di essere promosso, infatti, Bianchi è stato a capo della task force ministeriale composta dai 18 esperti scelti da Viale Trastevere per aiutare il Ministro uscente a definire le modalità e i tempi di ripartenza della scuola nei mesi scorsi. Il mandato ha previsto, inoltre, anche la formulazione di idee e proposte sui possibili sviluppi successivi alla riapertura, con uno sguardo al futuro della scuola italiana, con particolare riferimento ai temi dell’edilizia scolastica, dell’utilizzo delle tecnologie digitali, della formazione e del reclutamento dei docenti. Il tutto conclusosi con un rapporto mai realmente preso in considerazione da Lucia Azzolina, suscitando malumori che si sono protratti fino a pochi giorni fa. Ora, quella relazione punta a essere il centro della missione del nuovo esecutivo. Non sembra casuale, infatti, la scelta del Ministero dell’Istruzione di renderne pubblico il contenuto, la sera del 13 febbraio, come a suggerire che quelle che qui vi riportiamo potrebbero essere le linee programmatiche della scuola che sarà:
- Una scuola aperta e inclusiva che si faccia carico della fragilità delle persone e dei territori
Una scuola aperta a tutti ha come priorità l’attenzione al tema della fragilità e ai bisogni delle persone, a partire dagli alunni disabili, la cui presenza deve costituire un’opportunità di arricchimento per tutti, studenti e docenti. Essa, infatti, costringe a porre più attenzione anche a quell’educazione all’emotività e all’affettività che diviene strumento sempre più rilevante per una scuola che si propone di costruire comunità inclusive e partecipate […]. Gli alunni disabili e le loro famiglie devono pertanto sentirsi parte integrante della comunità educativa e avere assicurato il diritto di un sostegno competente e personalizzato. […]
- Una scuola che prepari alle nuove competenze del XXI secolo
Il contesto macroeconomico, in cui si colloca la vicenda SARS-Covid-19, si caratterizza per una profonda trasformazione economica e sociale, fortemente segnata dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione degli scambi e delle comunicazioni. Le competenze necessarie oggi per crescere come persone e come cittadini si fondano sulla capacità di utilizzare in modo consapevole e critico i nuovi strumenti di comunicazione e di analisi, la capacità di comprendere e affrontare i cambiamenti continui che quest’epoca ci propone, la capacità di costruire comunità in grado di affrontare l’incertezza, generare innovazione, contrastare l’esclusione, condizioni queste che oggi sono i pilastri di un nuovo sviluppo, socialmente e ambientalmente sostenibile. […]
- Un curricolo essenziale e in grado di integrare cultura scientifica, cultura umanistica e tecnologie digitali
Lo sviluppo delle nuove competenze richiede, in primo luogo, di porre attenzione alla promozione della cultura matematica e scientifica (STEM), in stretta collaborazione con la cultura umanistica. È una scelta ineludibile per poter affrontare, in modo critico, proattivo e senza paura, la sempre più rapida trasformazione delle tecnologie, l’innovazione e i cambiamenti sociali a essa conseguenti. In questo ambito, la disponibilità delle nuove tecnologie digitali va intesa come una risorsa che può sopportare e integrare la didattica in presenza nel rispetto, però, dell’età degli allievi e delle allieve e dei loro percorsi educativi. Tutto questo richiede un rapido completamento della copertura nazionale della rete di connessione, così come un’integrazione fra tecnologie di broadcasting.
In secondo luogo occorre procedere a una forte essenzializzazione del curricolo che va reso più coerente con la centralità delle nuove competenze e più attento alla continuità educativa tra i vari ordini di scuola.
Infine il Rapporto dedica una speciale attenzione alla fascia di età 0-6 anni. Viene qui ribadita l’importanza fondamentale per la crescita della personalità di una presenza educativa adeguata e mirata proprio dai primissimi anni di vita. Viene tuttavia sottolineata la diversa accessibilità a queste istituzioni educative nelle diverse parti del Paese, con una presenza fortemente diseguale e insufficiente dei servizi integrati. Il Comitato ha poi riflettuto sui gradi superiori dell’istruzione e in particolare sulla scuola superiore di primo grado che appare uno dei punti più delicati della scuola italiana, in cui più alti sono i rischi di frattura nella continuità del percorso educativo dei ragazzi e dove si evidenziano anche i molti limiti dell’attuale sistema di orientamento. Egualmente va posta l’attenzione per il recupero degli adulti a bassa scolarità o svantaggiati (esempio: educazione in carcere) rilanciando l’offerta di istruzione in una prospettiva di educazione permanente come indicato dalle politiche comunitarie.
Una speciale attenzione è stata posta all’accesso al sistema universitario e della ricerca e al rilancio della filiera formativa professionalizzante VET (Vocational Education and Training), intesa come strumento necessario sia per garantire a ognuno competenze per un proprio percorso umano e occupazionale, sia come impegno collettivo al contrasto della dispersione scolastica. In tale prospettiva il Comitato richiama l’opportunità di riprendere la riflessione sulla riforma complessiva dei cicli scolastici.
- Una scuola che valorizzi un’autonomia “responsabile e solidale”
ll Rapporto pone al suo centro il tema di una “autonomia responsabile”, intesa come leva per poter aprire la scuola al territorio, estendendo a tutto il Paese le tante esperienze già presenti nelle diverse realtà territoriali. I Patti educativi di comunità, già sperimentati con successo in molte realtà territoriali, possono diventare uno degli strumenti chiave in tale direzione. Egualmente il Rapporto ha ritenuto di riprendere il tema dell’“autonomia solidale” finalizzata al riequilibrio delle opportunità rispetto ai diritti. In particolare si ripropone il tema delle modalità di definire e assicurare standard curriculari comuni e di servizio (a partire dai previsti ma non ancora attuati “livelli essenziali delle prestazione”, LEP), unitamente a un rilancio del Sistema nazionale di Valutazione (SNV) e a un “piano di accompagnamento” per le aree più fragili del Paese, a partire dal Mezzogiorno, dove oggi si rilevano i fenomeni più preoccupanti di divario nei risultati scolastici e i dati più preoccupanti in termini di abbandono e di dispersione scolastica e formativa. Un’attenzione particolare è rivolta agli alunni di origine straniera soprattutto a quelli di prima generazione.
- Ambienti di apprendimento e didattiche capaci di superare le “gabbie del Novecento”
Gli ambienti di apprendimento della nuova scuola richiedono un profondo ripensamento degli spazi educativi in cui i bambini, i ragazzi e gli adolescenti debbono crescere. Bisogna superare l’immagine di un’aula come spazio chiuso e obbligato, per approdare verso architetture più flessibili e tali da rispondere a bisogni educativi che possono mutare nel tempo. Ciò comporta un impegno di lungo periodo con un piano per la messa in sicurezza e l’innovazione del patrimonio scolastico italiano. Gli spazi didattici devono poi essere più aperti alle opportunità educative e sociali del territorio, devono assicurare sia un servizio alle comunità locali (compresi i genitori e gli altri adulti), sia una didattica più flessibile e personalizzata che superi le “gabbie del Novecento”. È necessario, pertanto, uscire dai vincoli del gruppo classe e della classe intesa come unità solo “amministrativa”. La didattica dei nostri tempi deve infatti poter garantire una formazione che permetta a tutti gli alunni di raggiungere gli stessi traguardi formativi, pur partendo da situazioni talora molto differenziate. Per la trasformazione degli “ambienti di apprendimento” e delle loro architetture, il Comitato propone un apposito Piano nazionale di architettura scolastica come intervento strutturato su ampia scala e su base poliennale, ispirato ai criteri di sostenibilità ambientale, sicurezza igienico/sanitaria e flessibilità didattica.
- Una scuola capace di integrare il diritto alla salute e quello all’educazione
Il COVID ha imposto una nuova attenzione alla salute pubblica, sollecitando più spazio all’educazione alla salute e al benessere. Ciò prevede l’introduzione nella scuola, in termini permanenti e sistematici, di contenuti e di figure professionali specializzate come ad esempio quella di un medico referente per ciascun istituto. D’altra parte, l’educazione alla salute, intesa come “accezione di capacità di trovare un armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico da parte di un individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale”, richiede attenzione al corpo, alla vita collettiva, alla vita civile, ai rapporti di gruppo, ma anche alla possibilità di dare più spazio alla musica, allo sport, alla cultura del cibo, all’arte, intesi come mezzi di espressione individuale e collettiva, nonché l’uso delle stesse tecnologie digitali a fini ludici, espressivi e di condivisione sociale.
- Personale sempre più formato e qualificato per affrontare le nuove sfide
Per corrispondere a queste complesse esigenze, è necessario un forte investimento nella formazione e nel reclutamento del personale della scuola, in particolare dei docenti, la cui funzione deve diventare socialmente più “attrattiva”. Si devono assicurare, innanzitutto, le basi culturali e disciplinari, pedagogico-didattiche, psicologiche e gestionali necessarie al superamento proprio dei paradigmi didattici e degli schemi organizzativi ereditati dal passato. Vanno rivisti e ristrutturati i percorsi di formazione iniziale, sviluppati secondo un modello strutturato, organico e articolato. In tale prospettiva è importante instaurare un collegamento più forte con i meccanismi di reclutamento e di selezione, valutando il fabbisogno professionale, presente e futuro. Infine occorre promuovere la ricerca educativa come garanzia di qualità attraverso azioni sistematiche di accompagnamento lungo tutto il ciclo di vita lavorativa, incentivando l’adozione di strumenti quali i bilanci di competenze e i patti per lo sviluppo professionale continuo. Riconoscere, altresì, ai docenti, il tempo dell’impegno, le responsabilità assunte e la qualità della didattica.
Sette punti chiari, alcuni di realizzazione più complessa di altri, su cui probabilmente si concentrerà il lavoro del neo incaricato Ministro Patrizio Bianchi. Un compito arduo per chi, come lui, punta a una scuola nuova, oggi – forse più di ieri – urgente e necessaria. Senza alcun processo alle intenzioni, la speranza è che questo rapporto e queste linee programmatiche, non restino tali, ma trovino concreta applicazione nell’agenda di governo – in particolare negli aspetti legati alla messa in sicurezza degli istituti e nell’offerta formativa agli adulti di domani – senza tuttavia svilire quanto di buono c’è ed è stato fatto finora. Soprattutto, attenti, per una volta, al fabbisogno didattico e al riconoscimento del ruolo fondamentale che la scuola e i docenti ricoprono nella società.
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