Il flop del docente tutor (e menomale)
Che l’istituzione del docente tutor potesse rivelarsi un grande flop per la scuola italiana c’era da aspettarselo. Eppure, i più sorpresi sembrano gli inquilini di Viale Trastevere, vale a dire gli ideatori di una rivoluzione – parole loro – che di rivoluzionario non ha proprio nulla.
E così, a pochi giorni dal 31 maggio, giorno in cui scadranno i termini per comunicare i nominativi dei docenti che faranno la formazione, non sembra che l’iniziativa stia riscuotendo particolare successo. Tutt’altro. In principio, la scadenza era prevista per il 2 maggio, poi è stata prorogata alle 15 dell’ultimo giorno del mese per garantire una maggiore partecipazione dei possibili interessati e alle istituzioni scolastiche di organizzare al meglio il lavoro.
Diversi sono gli istituti che si stanno opponendo alla figura del tutor. Mozioni, dichiarazioni collettive e altre rimostranze si stanno, così, verificando in più parti del Paese, in particolare a Padova, dove – come racconta La Repubblica – nel liceo scientifico Eugenio Curiel ben ottanta insegnanti su ottantuno hanno dichiarato la loro indisponibilità a candidarsi nel ruolo di docenti tutor sottoscrivendo un documento in cui si parla di progressiva corrosione del tempo dedicato alle attività disciplinari attraverso il graduale inserimento di nuove materie come l’educazione civica, nuovi compiti come l’alternanza scuola-lavoro o nuove figure come il coordinatore di classe. Dover destinare, adesso, trenta ore del monte scolastico all’orientamento può produrre una preparazione carente degli studenti in vista dei futuri percorsi universitari.
Come sappiamo, a partire dall’anno scolastico 2023/2024, il docente tutor dovrà coordinare e sviluppare le attività didattiche al fine di una personalizzazione dell’istruzione nelle classi terze, quarte e quinte delle secondarie di secondo grado, favorendo il recupero per i ragazzi che manifestano maggiori difficoltà e consentendo a quelli che hanno particolari talenti di potenziarli. Il docente orientatore, invece, si occuperà delle attività di orientamento per permettere agli studenti di fare scelte in linea con le loro aspirazioni, potenzialità e progetti, nella consapevolezza dei diversi percorsi di studi e/o di lavoro e della varietà di offerte dei territori, del mondo produttivo e universitario. Un approccio, questo, che deve avvenire nel rispetto dell’autonomia dei singoli istituti, degli studenti e delle loro famiglie.
Entrambe le figure sono, invece, molto contestate perché – dicono in tanti – non solo si riduce il ruolo dell’insegnante a ruolo di coach, valorizzatore, consigliere delle famiglie – attività che, in qualche modo, già viene svolta da un buon insegnante – ma anche perché il corrispettivo economico netto per le trenta ore di orientamento previste è pari a 7,34 euro l’ora. Di certo, una retribuzione non consona al lavoro richiesto.
La ripartizione dei fondi stanziati per singolo docente sarà effettuata dalla contrattazione di istituto, prevedendo un assegno annuo che dovrà restare entro il limite imposto da decreto: per i tutor da un minimo di 2850 euro a un massimo di 4750 euro e per gli orientatori da un minimo di 1500 euro a un massimo di 2000 euro.
Insomma, dicono in molti, i 150 milioni previsti per finanziare l’operazione sarebbe meglio canalizzarli in quel rinnovo del contratto di categoria che ancora si conferma irrisorio, nella stabilizzazione dei precari – esclusi, tra l’altro dalla possibilità di ambire a una delle due figure introdotte –, nello scioglimento dei vincoli professionali e territoriali e così via. Per farla breve, nel valorizzare l’esistente. E non hanno tutti i torti.
Gli innesti previsti si concretizzeranno in 40mila docenti tutor e un docente orientatore per ogni istituto scolastico. I fondi verranno distribuiti in maniera proporzionale al numero degli studenti delle classi interessate (terze, quarte e quinte delle secondarie di secondo grado) nelle varie scuole, le quali dovranno a loro volta organizzare il servizio in piena autonomia. Potranno inoltre accedere ai finanziamenti derivanti da PNRR e PON per investire in attività didattiche di potenziamento sulle discipline e attività innovative per l’orientamento.
Si tratta, più concretamente, di 600 milioni di euro – già previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza –, con particolare attenzione rivolta alle discipline STEM (scientifiche e tecnologiche) e alle metodologie innovative, ai quali vanno ad aggiungersi ulteriori fondi per l’orientamento come misura di contrasto alla dispersione scolastica per un totale di 1,5 miliardi di euro. Infine, per ciò che concerne le risorse PON (2021-2027), le scuole potranno remunerare attività extracurricolari sull’orientamento didattico per circa 300 milioni.
Per rendere la figura più “appetibile”, il Ministero ha di recente inviato una direttiva all’Amministrazione centrale per chiedere di prevedere, in sede di contrattazione per la mobilità del personale docente di ruolo dell’anno scolastico 2024/2025, un punteggio aggiuntivo per chi ha svolto la funzione di cui sopra. E tuttavia, al momento, nemmeno questo sembra bastare.
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