Salari differenziati e scuola della disuguaglianza
Istituzione a carattere sociale che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tende a dare un’educazione, una formazione umana e culturale, una preparazione specifica in una determinata disciplina, arte, tecnica, professione, ecc. Se si cerca sull’enciclopedia Treccani la parola “scuola” è questa la definizione proposta. Se si cerca su Google, invece, viene facile credere che sia tutt’altro.
Ogni giorno, siamo subissati di notizie inerenti il mondo dell’istruzione che fanno talvolta sorridere, altre allarmare, altre ancora cadere le braccia. Il sistema, in particolare quello italiano, registra momenti di sconforto e di insoddisfazione da parte dei docenti come degli studenti e delle loro famiglie. Così, non c’è politico che aspira a Viale Trastevere che non parli di riforma della scuola, una formuletta che consente di accaparrare voti per poi non cambiare nulla, se non peggiorare.
È in questa direzione che si muove anche la scuola del merito di Giuseppe Valditara, tanto meritevole da necessitare nuove forme di finanziamento, «anche per coprire gli stipendi dei professori». Persino finanziamenti privati: bisogna «trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo» ha spiegato il Ministro, avallando così la folle idea di mercimonio scolastico a cui stiamo assistendo ormai da anni. La scuola come azienda, la scuola in azienda (là dove si muore), l’azienda a scuola.
Ecco che, allora, suona meglio anche la seconda – assurda – idea di Viale Trastevere che strizza l’occhio ai docenti. O, meglio, solo ad alcuni: i salari differenziati. Secondo il Ministero, infatti, chi vive e lavora in una regione in cui è più alto il costo della vita dovrebbe guadagnare di più. Ciò significa che un professore di Milano andrebbe a percepire uno stipendio maggiore di un suo collega napoletano o palermitano. Ciò in aggiunta alle già numerose, numerosissime, discrepanze tra il Nord e il Sud del Paese, quest’ultimo già spopolato, tra centro e periferia e tra grandi e piccoli centri.
La proposta è stata definita abbastanza sensata dal capo dei presidi di ANP di Roma Mario Rusconi; inaccettabile, invece, da molte sigle sindacali e dai partiti politici di opposizione. Le gabbie salariali, infatti, sono un pericoloso passo indietro, soprattutto in un Paese che è già più che diviso, profondamente iniquo e con gli stipendi tra i più bassi d’Europa. Così, anziché pensare ad avallare queste disparità, forse soluzioni alternative potrebbero presentarsi più velocemente: a) rinnovare davvero i contratti, non nella versione che tanto rumore ha fatto per pochi spicci; b) ridurre la tassazione sugli stipendi che, in Italia, tocca percentuali vergognose. E, invece, il primo pensiero di questa classe politica è rispondere a ingiustizia con altra ingiustizia.
A chi come il MoVimento 5 Stelle parla, però, di maschera caduta viene da ricordare chi è e da dove nasce il Ministro Giuseppe Valditara. Come raccontavamo in occasione del suo insediamento, l’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito, già docente ordinario di diritto romano, tra il 2008 e il 2013 è stato segretario della Commissione VII scuola, università, ricerca del Senato, ricoprendo anche l’incarico di relatore di maggioranza in Senato della legge n. 240/2010, quando a Palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi e in Viale Trastevere Mariastella Gelmini. Una legge storica per i tagli – netti – al settore.
Valditara, inoltre, è stato senatore per ben tre legislature – tra il 2001 e il 2013 – e Assessore provinciale all’istruzione e all’edilizia scolastica della Provincia di Milano. Tra il 1999 e il 2000, invece, è stato membro della Commissione di studio istituita presso la Presidenza della Regione Lombardia su federalismo, riforma dello statuto regionale e sulla proposta di uno statuto di autonomia particolare. Molti lo indicano come consigliere di riferimento di Matteo Salvini. Il suo cursus honorum, d’altronde, inizia in Alleanza Nazionale, poi in Futuro e Libertà, allievo di Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord. Il 25 settembre è stato candidato in Lombardia proprio con il partito leghista ma non ha raggiunto i numeri necessari per l’elezione. L’ultimo volume da lui pubblicato è L’Italia che vogliamo (prefazione di Matteo Salvini) e costituisce una sorta di programma del salvinismo, il manifesto della Lega per governare il Paese, come recita il sottotitolo.
Un tecnico, dunque, ma anche – e soprattutto – un politico, tra l’altro non nuovo in Viale Trastevere dove, nel 2018, si è insediato in qualità di capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca al MIUR al fianco del leghista Marco Bussetti. In piena continuità con la sua forte ideologia e i suoi trascorsi, è già chiara l’idea di Paese e di scuola e, ancor di più, della scuola del Sud di un uomo che ha sempre lottato per le autonomie.
Nessuna maschera gettata, allora, ma soltanto la conferma di quanto singolarmente e come esponente di questo governo Giuseppe Valditara rappresenta. E se è vero, come dicono le opposizioni, che intende realizzare la scuola della disuguaglianza, è pur vero che a oggi non è stato fatto altro di molto differente.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.