GPS, contratti annuali da due settimane e algoritmi folli: la scuola nel caos
Si pensa sempre che, quando si tratta di scuola – italiana, si intende –, se ne siano già sentite di ogni. Invece, il magico mondo dell’istruzione del Bel Paese riesce a sorprendere e a superarsi di volta in volta. È quello che sta accadendo anche in queste ore, con l’ultima novità che sembra battere molte delle precedenti: un contratto di lavoro annuale dalla durata di appena due settimane.
A denunciare tale assurdità sono tanti dei precari che proprio in questi giorni stanno ricevendo le nomine per le supplenze. Incarichi praticamente subito revocati – con conseguenze anche per gli studenti e il rallentamento del regolare svolgimento del programma didattico – quale naturale effetto di un disastroso sistema legato alle GPS.
Le denunce, in particolare, stanno arrivando dal Lazio – ma non solo – dove per il sostegno, ad esempio, si è scatenato un vero e proprio botta e risposta tra i dirigenti e gli Uffici Scolastici Regionali, in seguito alla pubblicazione (il 23 settembre) di una circolare sul sito dell’US laziale, dedicata ai supplenti, che ha stravolto nuovamente le carte in tavola dando vita ad assegnazioni lampo.
Di conseguenza, i dirigenti, sono sul piede di guerra, gli USR invece cercano di rattoppare, non senza ridimensionare la gravità dell’accaduto, come da dichiarazioni rilasciate all’ANSA:
Le nuove assegnazioni pubblicate venerdì sera confermano, nel 90 e più per cento dei casi, quelle dell’inizio dell’anno. A seguito dei reclami di alcuni docenti già nominati, che l’ufficio ha esaminato nei giorni scorsi, è stato necessario cambiare alcune assegnazioni. In poche decine di casi, alcune nomine sono state annullate, sempre a seguito dei controlli. Si tratta, si ribadisce, di una piccola percentuale delle nomine complessive, fisiologica in una realtà complessa come quella romana, 370mila domande di supplenza, quasi diecimila quelle assegnate, di cui 2500 solo sul sostegno. Insomma, non dovrebbe accadere ma succede.
In pratica, come spiegano i sindacati, la procedura assegna le quote di posti dei riservisti senza considerare la graduatoria di appartenenza dei docenti e senza considerare il possesso o meno della specializzazione sul sostegno o l’esperienza pluriennale acquisita su quella tipologia di posto. Ad esempio considera le graduatorie ad esaurimento e le graduatorie provinciali dei supplenti come un’unica graduatoria: non distingue i docenti specializzati, quindi presenti in prima fascia, i docenti con 3 anni di esperienza sul sostegno quindi iscritti in seconda fascia e i docenti senza titolo di specializzazione né esperienza di lavoro sul sostegno, chiamati dalle graduatorie incrociate di posto comune.
Questo dopo il caos dello scorso anno quando – alla data odierna – le cattedre scoperte risultavano ancora tante. In particolare, a mancare erano proprio i docenti di sostegno, una categoria spesso bistrattata: su un totale di 185mila posti di sostegno, circa 80mila (meno della metà) erano stati assegnati a personale specializzato. Gli altri (più di 100mila), invece, erano stati conferiti a precari perlopiù senza specializzazione.
In sostanza, la procedura non funziona. Ed era più che prevedibile che non funzionasse. Come se non bastasse, essa va ad aggiungersi alla grande confusione che arriva in un momento in cui gli uffici ministeriali e le segreterie scolastiche sono già colmi di lamentele e denunce in seguito agli orrori dell’ultima trovata in Viale Trastevere. Parliamo dell’algoritmo formulato ad hoc per attribuire i posti vacanti a chi di dovere, partendo dalle classi di concorso in turno di nomina. Un sistema rivelatosi fallimentare sin dai primi giorni.
La procedura informatizzata, infatti, ha visto molti aspiranti superati in fase di nomina da colleghi in posizione inferiore e/o con punteggio più basso, ma (anche) altrettanti candidati che non hanno ricevuto alcuna nomina o che ne hanno ricevuto una diversa da quella a cui avrebbero avuto diritto, risultando così rinunciatari per l’intero anno scolastico.
Dunque, come abbiamo già visto, se l’obiettivo era scongiurare un rientro in aula turbolento, neanche stavolta l’informatizzazione del processo di assegnazione delle supplenze è stata in grado di garantire un avvio di anno tranquillo poiché si è scontrata con le inefficienze umane: quando i candidati hanno compilato le domande con le loro preferenze, infatti, le operazioni di assegnazione provvisoria dei docenti di ruolo e di nomina a tempo indeterminato non erano ancora concluse. Ciò significa che le preferenze espresse, in quel momento, non potevano avere alcun riscontro con l’effettiva disponibilità di scuole, distretti, Comuni e Province indicati. Ecco che, allora, la mancata indicazione di uno di questi è diventata automaticamente rinuncia e, quindi, nessuna nomina per l’intero anno scolastico.
Un bel pasticcio, quello in corso, che ci fa presumere che l’assegnazione definitiva delle supplenze avverrà – come spesso accade – in pieno autunno. Tutto questo mentre il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, fautore e grande sostenitore di questo sistema, si congeda da Viale Trastevere convinto di aver fatto bene e, invece, i cittadini italiani sono chiamati al voto, i docenti si ritrovano sprovvisti di ogni rassicurazione, i dirigenti non hanno interlocutori in grado di ascoltarti e tutelarli e – tanto per cambiare – nell’incertezza totale, dopo una campagna elettorale che della scuola ha parlato ma senza cognizione di causa. Senza una vera attenzione e senza nessun progetto concreto, capace di aprire uno spiraglio, seppur piccolo, sul futuro.
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