Il rientro dei no vax e le nuove regole della scuola
Stop all’obbligo vaccinale per il personale della scuola: dal primo settembre, i no vax torneranno regolarmente a lavoro. A chiarirlo è una comunicazione inviata in queste ore ai presidi che ribadisce quanto già era stato deciso con il Dl 24/2022, il documento che fissava la scadenza del divieto di reintegro allo scorso 15 giugno.
Già a marzo la scelta del governo Draghi che imponeva al dirigente scolastico di impiegare i docenti inadempienti in attività di supporto all’istituzione aveva diviso la platea di riferimento. Ma, se all’epoca, le polemiche potevano risultare sensate, coerenti con un’idea di sicurezza sino ad allora difesa a tutti i costi che andava a cozzare sia con la tutela della comunità scolastica sia con il diritto al lavoro degli stessi no vax, oggi si fatica a dare ragione a chi continua a sostenere che i non vaccinati non debbano esercitare la loro professione.
Non si tratta, in questo caso, di dichiararsi favorevoli o contrari ai vaccini. Da mesi, in particolare nel corso di quest’estate che – a differenza delle precedenti – non ha lasciato tregua in termini di contagio, siamo tornati a vivere una quotidianità più o meno normale. Tutto, anche a discapito di quelle regole di buon senso che ci hanno accompagnato negli ultimi anni, è stato concesso. Concerti, spiagge, ristoranti, mezzi pubblici senza alcun limite di passeggeri e distanziamento zero: la gestione di ogni aspetto delle nostre giornate è tornato come in epoca pre-Covid. Perché non dovrebbe farlo anche a scuola? Perché in aula dovremmo essere più in pericolo che altrove?
Come sappiamo, l’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente pubblicato le indicazioni operative per un regolare rientro a scuola, in collaborazione con i Ministeri della Salute, dell’Istruzione e con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
Per le scuole di primo e secondo grado, l’ISS ha stabilito due livelli di prevenzione.
Primo livello: misure standard
Può fare ingresso a scuola solo chi non ha sintomi né febbre, motivo per cui non è necessario un tampone. In classe è raccomandata un’attenzione particolare all’igiene delle mani, mentre la mascherina Ffp2 dovrà essere indossata da tutti coloro che corrono il rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19. La sanificazione delle aule e degli spazi comuni sarà periodica e, a questa, si aggiungeranno sanificazioni straordinarie, se necessarie. Ogni istituto dovrà avere a disposizione gli strumenti adeguati alla gestione dei casi anche solo sospetti e dovrà garantire ricambi d’aria frequenti.
A tal proposito, nella nota ufficiale trasmessa il 19 agosto ai dirigenti scolastici per mitigare e contenere la circolazione virale a scuola del coronavirus, si ricorda che una buona qualità dell’aria negli ambienti scolastici dipende da una pluralità di elementi: le fonti degli inquinanti chimici e dei patogeni, sia interne che esterne; le modalità di gestione delle attività; il numero di occupanti; la natura e configurazione degli spazi; le misure di prevenzione in atto; ecc.
Tornano, dunque, i riferimenti all’apertura delle finestre – da tutti ritenuta insufficiente e non sempre fattibile. Tocca, poi, agli stessi dirigenti verificare lo stato dell’aria, richiedendo alle Autorità competenti (Dipartimenti di prevenzione delle ASL e ARPA) di effettuare le attività preliminari di monitoraggio della qualità dell’aria e di individuare le soluzioni più efficaci da adottare. In base agli esiti, il dirigente richiederà, quindi, gli interventi necessari, proposti da ASL e ARPA, secondo quanto previsto dalla normativa.
Secondo livello: ulteriori accorgimenti
Qualora la situazione dovesse peggiorare nel corso dell’anno, verrà reintrodotto l’obbligo di distanziamento interpersonale di almeno un metro, ove possibile, e aumentata la frequenza delle sanificazioni dei locali. Inoltre, per le attività extracurriculari e per l’uso dei laboratori si dovranno garantire le stesse misure di prevenzione del normale orario scolastico. Le mascherine, chirurgiche o Ffp2, dovranno essere indossate da tutti quando non si è seduti al banco. In casi particolari, magari in presenza di soggetti fragili, anche da seduti. È prevista, inoltre, la turnazione del servizio mensa, mentre la merenda andrà consumata seduti al proprio posto.
Per quel che riguarda invece i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, l’ISS ha pubblicato delle indicazioni specifiche:
- attività educative per gruppi stabili di bambini;
- divieto di portare negli spazi delle attività oggetti o giochi da casa, evitando l’uso promiscuo di giocattoli tra bambini appartenenti a gruppi diversi;
- accoglienza e ricongiungimento, ove possibile all’esterno e, se in ambiente chiuso, provvedendo alla pulizia approfondita e all’aerazione frequente e adeguata dello spazio;
- accesso alla struttura con accompagnamento da parte di un solo adulto;
- somministrazione dei pasti nei locali delle mense scolastiche, limitando il più possibile la promiscuità tra bambini di gruppi diversi;
- consumo delle merende nello stesso spazio dedicato al gruppo dei bambini.
Via la mascherina, stop al distanziamento obbligatorio, adeguata sanificazione e areazione degli spazi. Insomma, dopo due anni, il Covid sembra lasciare la scuola. Eppure, non tutti riescono a gioire: «Queste linee guida sono un’interpretazione ottimistica da parte del Ministero. Tuttavia, viene anche fatto presente che se peggiorerà l’andamento pandemico le regole potranno cambiare di conseguenza. In ogni caso, quando ci sarà il ritorno in classe a settembre, spero che si valuti la situazione attentamente e che ci vengano fornite indicazioni chiare e precise: presidi e insegnanti non possono trasformarsi in virologi» afferma il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi di Roma, Mario Rusconi. E ha ragione.
Le titubanze di chi vive ogni giorno la scuola sono legittime. Sappiamo bene come in questi anni le linee non siano mai state coerenti fuori e dentro le aule, lasciando spesso alla mercé i docenti e gli alunni, costretti a sacrificarsi spesso per tutelare uno status quo precario e poco chiaro. Sappiamo pure, però, che la stessa scuola ha già dato e tanto, anche rinunciando – nelle fasi più critiche a giusta ragione – a un personale qualificato che ha scelto di non vaccinarsi, nonostante le regole volessero altro.
Per gli stessi motivi, tuttavia, in un momento che vede libertà diffusa, non possiamo chiedere a questi ultimi di farsi ancora da parte. Ma accettare – non senza remore – che il sistema ha fallito. Prima, quando ha reintegrato il personale non vax per impiegarlo in altre attività, nonostante il decreto di riferimento parlasse di vaccino come requisito essenziale per l’insegnamento (ma ai colleghi rispettosi nessuno ha pensato di dovere qualcosa); dopo, quando, in barba a tutto il precedente, ha comunque dato ragione a chi ha scelto liberamente di seguire il proprio pensiero che oggi rientra e non si sa se resterà qualora la situazione dovesse nuovamente degenerare.
Insomma, la scuola del nuovo anno pagherà lo scotto degli errori precedenti. E se – come speriamo – non dovesse farlo da un punto sanitario, lo farà sicuramente in termini di equilibri interni, ormai segnati da insofferenza e discriminazioni reciproche.
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