Scuola: caos ricorsi e cattedre vuote per l’a.s. 2022/2023
Nonostante il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) abbia autorizzato le immissioni in ruolo per l’a.s. 2022/2023 – circa 94mila – si stima che per il prossimo settembre le assunzioni vere si attesteranno sulle 40/50mila, confermando il trend degli ultimi anni e l’incubo di ogni ritorno in aula: la caccia al supplente. Per la precisione, almeno 150mila supplenti per non lasciare le classi scoperte.
Le ragioni di tale – ma comunque annoso – problema sono molteplici. Tra queste, l’assenza di candidati in diverse graduatorie concorsuali, la mancata redazione delle graduatorie di merito – nonostante i concorsi ordinari siano ormai conclusi – nonché il caos, più volte denunciato, legato proprio alle procedure in oggetto.
Come sappiamo, infatti, in particolare per ciò che concerne la scuola secondaria, sono stati tantissimi i bocciati e i conseguenti ricorsi causati da grossolani errori ministeriali, denunciati non solo dagli aspiranti ma anche da molti commentatori e addetti ai lavori. Inevitabilmente, dunque, queste gravi inesattezze cominciano a farsi sentire sulla regolare organizzazione delle cattedre da coprire entro il 12 settembre.
Gli errori riguardano diverse classi di concorso: A022, A052, A046 T2 e T5, A010, A01-t1, 055, AL55, A031, A045, ma l’elenco è ancora in fase di definizione. Il Ministero, infatti, sta aggiornando la lista a più riprese, confermando – ora che anche gli orali sono conclusi – di aver sottoposto i candidati a quesiti sbagliati in occasione delle prove scritte. Ecco che allora, per arginare il disastro, si sta rivelando necessario ricalcolare i punteggi ma senza delle precise indicazioni degli organi centrali, con il rischio – come già ha segnalato il Coordinamento docenti concorso ordinario Lazio – dell’arbitrarietà di molti Uffici Scolastici Regionali e della disparità di trattamento tra le diverse zone di Italia.
Solo nel Lazio – la regione dalla quale è partita la protesta – 370 assunzioni sono ferme a fronte, dice il Coordinamento, di cinquecento posti da coprire. Intanto, già quattordici aspiranti sono stati ammessi in seguito al ricalcolo dei punteggi. Si rischia, così, di non avere docenti per tempo, anche per il prossimo anno scolastico, a causa delle lente e a volte erronee procedure della nomina dei supplenti, quando in realtà i candidati pronti a coprire le numerose cattedre scoperte ci sarebbero.
I docenti chiedono, pertanto, di aprire una nuova finestra nel Lazio per l’immissione in ruolo già chiusa per permettere l’inserimento dei candidati che si sono visti precludere la possibilità di partecipare alla prima fase di immissione perché sprovvisti di graduatoria. Come per i nostri colleghi del concorso ordinario e del precedente concorso straordinario, chiediamo l’istituzione di una graduatoria di merito in cui siano inclusi tutti i partecipanti, una graduatoria da cui attingere anche negli anni futuri. E la situazione non è diversa altrove.
Nel frattempo, sono tanti i candidati che hanno riscontrato errori e che, nella speranza di vedere riconosciuti i propri diritti, hanno più volte scritto al Ministero per segnalare le anomalie e chiedere chiarimenti, arrivando – per forza di cose – ad agire per vie legali e, in alcuni casi (come in Abruzzo e in Liguria), a vincere il ricorso al Tar.
A ostacolare la regolare assegnazione delle cattedre, inoltre, persiste il nodo sostegno che, nonostante la conferma dell’assunzione da GPS prima fascia, vede un numero di docenti specializzati piuttosto esiguo rispetto alle necessità. C’è, poi, l’assenza dell’organico Covid che, nel prossimo anno, non troverà conferma nonostante i sindacati ne stiano chiedendo la reintroduzione per ovviare non soltanto alla carenza del personale docente ma, anche, ai problemi di natura organizzativa che da settembre si ripresenteranno in vista di una curva di contagi in salita che, stavolta, non ha lasciato il Paese nemmeno nei mesi estivi.
A tal proposito, è di queste ore il nuovo monito della Fondazione Gimbe e dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (Anp) che hanno denunciato – ormai al terzo anno di pandemia – la mancanza di interventi su aerazione e ventilazione nelle scuole italiane che ostacolerà, così, la ripresa delle lezioni senza mascherina. Gimbe e Anp hanno condotto insieme un’indagine che ha coinvolto 312 istituti di diverso grado, denunciando l’importante utilizzo di risorse pubbliche per le attività di disinfezione delle superfici ma non dell’aria respirata da alunni e docenti nel corso delle attività didattiche, per la quale, in questi anni, ci si è rifatti soltanto alle finestre aperte e, in scarsa misura, in attrezzature per la purificazione e la filtrazione dell’aria. Quasi inesistenti, invece, i sistemi di ventilazione meccanica e controllata.
La mancanza di interventi di questo tipo, commenta Antonello Giannelli, presidente dell’Anp, «è il vero tallone d’Achille, in assenza del quale il prossimo anno scolastico difficilmente potrà essere affrontato senza ricorrere all’utilizzo delle mascherine». Torna, dunque, l’incubo dispositivi di protezione personale che fa eco a quanto ribadito dall’OMS Europa che ha definito i 5 stabilizzatori della pandemia per la prossima stagione autunno-inverno, di cui uno è proprio ventilare gli spazi pubblici e affollati (come scuole, uffici e trasporti pubblici).
Anche le linee guida dell’ISS per la riapertura in sicurezza delle scuole hanno confermato la stessa necessità. Il documento, per un totale di sedici pagine, è stato consegnato al Ministero dell’Istruzione che dovrà ora comunicarlo ai dirigenti scolastici, ma con un governo dimissionario si fatica a pensare che verranno trovate soluzioni sulla breve distanza se in un lasso di tempo maggiore non si è fatto nulla per ovviare a problemi già evidenziati. D’altro canto, gli strumenti di cui si denuncia l’urgente bisogno sono costosi e, per questo, consigliati solo a integrazione e non in sostituzione delle misure anticontagio di cui, tuttavia, non si ricordano successi ed efficienza. Soprattutto, in quei luoghi che in alcuni periodi dell’anno non consentono le finestre aperte a causa di temperature troppo basse o piogge insistenti.
Come possono definirsi vere e proprie linee guida, quindi? Come si può pensare che il prossimo anno non rischi di procedere ancora – e ancora – per rattoppi anziché per serie misure volte a rimodernare e, finalmente, rendere adeguati gli ambienti che ospitano alunni e docenti per tante ore al giorno tutti i giorni? Dove finisce il diritto allo studio e al lavoro e dove inizia il dovere di garantirli (e farlo di qualità)? Ancora oggi, ancora nel 2022, parlare di ventilazione e cattedre scoperte, anziché di progetti e futuro della scuola, proietta – come sempre – la nostra istruzione nel passato. E i risultati si vedono.
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