Riforma Bianchi: non è ufficiale, ma già fa polemica
È una riforma già destinata al fallimento quella paventata da Patrizio Bianchi la scorsa settimana. Sebbene non ancora presentata al Consiglio dei Ministri, infatti, la bozza – che dovrà essere visionata dalla Commissione Europea perché direttamente connessa al PNRR – ha sin da subito ricevuto moltissime critiche, tanto dalla politica quanto dai sindacati, compatti nel trovare il documento inaccettabile.
Nella bozza si legge, infatti, che i concorsi saranno su base annuale al fine di effettuare 70mila immissioni in ruolo entro il 2024. A tal proposito, per il reclutamento sono previsti due percorsi diversi: il primo incentrato sulla formazione iniziale che riguarda innanzitutto i neolaureati e il secondo dedicato ai precari con tre anni di servizio. A questi si aggiunga, poi, una fase transitoria. Ma entriamo nel dettaglio.
Al fine di potenziare la formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie basandola su un modello formativo strutturato e raccordato tra le università, le istituzioni dell’alta formazione artistica musicale e coreutica e le scuole, idoneo a sviluppare coerentemente le competenze necessarie per l’esercizio della professione di insegnante, nonché per dare attuazione alla riforma della formazione dei docenti prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – si legge nel documento – è introdotto un percorso universitario e accademico di formazione iniziale, abilitazione e accesso in ruolo dei docenti di posto comune, compresi gli insegnanti tecnico-pratici, delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Il percorso di formazione iniziale, selezione e prova, in particolare, ha l’obiettivo di sviluppare e di accertare nei futuri docenti:
a) le competenze culturali, disciplinari, didattiche e metodologiche, rispetto ai nuclei basilari dei saperi e ai traguardi di competenza fissati per gli studenti;
b) le competenze proprie della professione di docente, in particolare pedagogiche, relazionali, valutative, organizzative e tecnologiche, integrate in modo equilibrato con i saperi disciplinari;
c) la capacità di progettare percorsi didattici flessibili e adeguati al contesto scolastico, al fine di favorire l’apprendimento critico e consapevole e l’acquisizione delle competenze da parte degli studenti;
d) la capacità di svolgere con consapevolezza i compiti connessi con la funzione docente e con l’organizzazione scolastica.
La formazione iniziale dei docenti consta di un percorso universitario e accademico specifico finalizzato all’acquisizione di conoscenze e competenze sia teoriche sia pratiche inerenti allo sviluppo e alla valorizzazione della professione del docente negli ambiti della pedagogia e delle metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento e delle discipline volte a costruire la scuola dell’inclusione e dell’eguaglianza, che si conclude con prova finale comprendente una lezione simulata. La selezione dei docenti di ruolo avviene sulla base di un concorso pubblico nazionale che ha cadenza annuale per la copertura dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia.
Il sistema di formazione iniziale e accesso ai ruoli a tempo indeterminato è pertanto articolato in:
a) un percorso universitario e accademico abilitante di formazione iniziale e prova finale corrispondente a non meno di 60 crediti formativi universitari o accademici, nel quale sono acquisite dagli aspiranti docenti competenze teorico-pratiche;
b) un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale;
c) un periodo annuale di prova in servizio con valutazione conclusiva.
Per coloro che hanno un servizio presso le istituzioni scolastiche statali di almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti e che siano vincitori del concorso, l’integrazione della formazione iniziale e superamento della prova finale necessari all’abilitazione avviene nel primo anno di immissione in servizio a tempo determinato e part-time. Sino al 31 dicembre 2024, coloro che vincono il concorso avendo acquisito solamente 30 crediti formativi universitari e accademici, integrano la formazione iniziale e superano la prova finale necessari all’abilitazione nel primo anno di immissione in servizio a tempo determinato e part-time.
Si può accedere all’offerta formativa dei centri universitari e accademici di formazione iniziale degli insegnanti durante la laurea magistrale o negli ultimi due anni della laurea magistrale a ciclo unico.
Requisito necessario per la partecipazione al concorso relativamente ai posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado, così come per i posti di insegnante tecnico pratico, è il possesso della laurea magistrale o magistrale a ciclo unico, oppure il diploma di II livello dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, o titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso, e dell’abilitazione all’insegnamento specifica per la classe di concorso. Sino al 31 dicembre 2024, sono comunque ammessi coloro che abbiano conseguito almeno 30 crediti formativi universitari o accademici del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, a condizione che parte dei crediti sia di tirocinio diretto.
Infine, costituisce titolo per la partecipazione al concorso, relativamente ai posti di sostegno, il superamento dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità di cui al regolamento adottato in attuazione dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Come dicevamo, i vincitori del concorso su posto comune, che abbiano l’abilitazione all’insegnamento, sono sottoposti a un periodo annuale di prova in servizio – subordinato allo svolgimento del servizio effettivamente prestato per almeno 180 giorni (di cui almeno 120 per le attività didattiche) – il cui superamento determina l’effettiva immissione in ruolo.
Il personale docente in periodo di prova è sottoposto a valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sulla base dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor. In caso di valutazione negativa del periodo di prova in servizio, il personale è sottoposto a un secondo periodo di prova in servizio, non rinnovabile.
In caso di valutazione positiva, il docente è cancellato da ogni altra graduatoria, di merito, di istituto o a esaurimento, nella quale sia iscritto ed è confermato in ruolo presso l’istituzione scolastica ove ha svolto il periodo di prova. Il docente è tenuto a rimanere nella predetta istituzione scolastica, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri due anni, salvo che in caso di sovrannumero o esubero o di applicazione dell’articolo 33, commi 5 o 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, limitatamente a fatti sopravvenuti successivamente al termine di presentazione delle istanze per il relativo concorso. Il medesimo personale può presentare domanda di assegnazione provvisoria e utilizzazione nell’ambito della provincia di appartenenza e può accettare il conferimento di supplenza per l’intero anno scolastico per altra tipologia o classe di concorso per le quali abbia titolo.
La bozza a cura del Ministro Patrizio Bianchi, dunque, intende insistere sul sistema dei concorsi, seppur in questi anni abbia ampiamente dimostrato tutta la sua incapacità di rispondere alle esigenze della scuola: «Abbiamo iniziato questo quadriennio legislativo con 200mila precari e lo chiudiamo a quota 300mila. Il sistema dei concorsi è un fallimento e invece di fare un passo indietro, il Governo con questa riforma raddoppia, inserendo esami su esami anche dopo aver conseguito l’accesso in ruolo», lamentano i sindacati. «Ci si dimentica che i precari sono lavoratori della scuola già. Un sistema del genere è fallimentare. Sembra un’ulteriore vessazione nei confronti del precariato».
Sotto accusa, in particolare, è la questione legata agli scatti stipendiali. Per incentivare la formazione continua per il personale, infatti, si ipotizza anche una progressione dello stipendio accelerata per coloro che frequentano con profitto corsi selezionati. Il percorso di formazione e aggiornamento permanente è articolato in cinque gradi. Il primo è conseguito al termine di un percorso di durata quadriennale; tutti gli altri durano cinque anni. Ogni livello si conclude a seguito di una verifica finale collegata anche a una valutazione del miglioramento dei risultati scolastici degli alunni degli insegnanti che accedono al percorso di formazione e aggiornamento.
La riforma dovrà essere definita entro il prossimo giugno. Resta poco tempo, dunque, per trovare una soluzione che possa soddisfare chi è chiamato in causa e, soprattutto, che realmente risponda alle esigenze della scuola.
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