Gli insegnanti meritano un aumento: online la richiesta dei docenti
Gli insegnanti meritano un aumento di almeno 200 euro netti: inizia così la petizione indirizzata al Ministro Bianchi che in pochissimi giorni ha fatto incetta di firme. La quota prefissata a 25mila è stata rapidamente raggiunta e, come prevedibile, è destinata a essere abbondantemente superata. Chi vuole firmare la petizione può farlo da qui: FIRMA LA PETIZIONE
Il contratto – si legge – è scaduto da ben 3 anni. Nel marzo 2018 i sindacati firmarono un aumento vergognoso che non superò gli 85 euro lordi mensili, dopo ben 9 anni di vacanza contrattuale. In 12 anni gli insegnanti hanno perso circa il 16% di potere di acquisto. Una riduzione che ha cambiato profondamente l’appeal dello status di lavoratore della conoscenza.
Secondo i dati OCSE, le retribuzioni degli insegnanti italiani sono tra le più basse in UE, molto dietro rispetto a quelle dei colleghi di Germania, Gran Bretagna, Francia e Spagna e Stati Uniti. Il rapporto Education at a glance, la ricerca annuale che ha il compito di analizzare e confrontare i sistemi scolastici dei principali Paesi europei e del mondo circa la retribuzione dei docenti, racconta infatti di una situazione che relega l’Italia lontana dalle posizioni più alte della classifica.
Le differenze di stipendio, si evince dal report, interessano tutti gli ordini e gradi scolastici: per ciò che concerne la scuola primaria, la retribuzione degli insegnanti italiani rispetto ai Paesi dell’area OCSE risulta in media del 15% inferiore, vale a dire circa 6700 dollari in meno a parità di potere di acquisto. Del 14% (6121 dollari) rispetto ai colleghi europei. Intorno al 13% (6188 dollari), invece, è la differenza per i docenti di scuola secondaria di primo grado. Il divario, tuttavia, cresce nelle secondarie di secondo grado: a conti fatti, gli insegnanti italiani delle superiori percepiscono il 14% in meno rispetto dei colleghi dei Paesi OCSE (7285 dollari) e il 13% in meno rispetto ai docenti europei (6870 dollari).
Nemmeno l’ultimo rapporto di Eurydice (Teachers and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2019/20) fotografa una situazione migliore: l’Italia è fanalino di coda dei 38 differenti sistemi educativi europei. Nel nostro Paese, il potere di acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi cinque anni. Anche laddove sono aumentati gli stipendi, infatti – così come nella maggior parte dei sistemi educativi UE –, gli aumenti sono stati generalmente modesti o indicizzati all’inflazione e in alcuni casi addirittura inferiori.
Analizzando i principali risultati del rapporto, emergono significative differenze tra i vari Paesi negli stipendi annuali di base all’inizio della carriera, che possono variare da 5mila a 80mila euro lordi, a seconda dello standard di vita misurato in termini di prodotto interno lordo pro capite: più alto è questo dato, maggiore è lo stipendio medio annuo. Gli stipendi iniziali degli insegnanti italiani si collocano tra 22mila e 29mila euro lordi annui. Tra 30mila e 49mila quelli dei colleghi belgi, irlandesi, spagnoli, austriaci, finlandesi, svedesi, islandesi, norvegesi. Addirittura superiori a 50mila euro si registrano, invece, gli stipendi di Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera e Liechtenstein.
L’importo varia, ovviamente, anche con il progredire della carriera. In alcuni Paesi, come in Italia, l’anzianità, per gli insegnanti, corrisponde a modesti aumenti di stipendi (fino al 50%, ma solo dopo i 35 anni di servizio). Nello Stivale, inoltre, i docenti hanno stipendi diversi a seconda che insegnino alle materne o alle superiori, mentre in molti i Paesi europei non è così.
Il corpo docente italiano, dunque, è stanco e chiede, per l’ennesima volta, un adeguamento di contratto: In questo periodo di pandemia – si legge ancora nella petizione – gli insegnanti hanno dato il meglio di sé non risparmiandosi sotto ogni profilo, contribuendo a tenere aperti i canali dell’istruzione in ogni forma, anche con proprie risorse personali.
Noi insegnanti italiani chiediamo un adeguamento dello stipendio di almeno 200 euro netti mensili ad invarianza degli oneri contrattuali, per recuperare il potere di acquisto fermo, ormai, al 2009. E questo a fronte di un aggravio notevole degli oneri burocratici della propria professione, che determina situazioni di stress tali da far considerare, in alcuni casi, la nostra professione quale usurante.
Al momento, è già stato previsto lo stanziamento di risorse per un rinnovo pari a 85 euro lordi. I sindacati e i loro assistiti, però, chiedono di più. I lavoratori dell’istruzione scolastica, infatti, guadagnano 343 euro lordi in meno dei loro colleghi statali: se la retribuzione media di tutti i dipendenti della pubblica amministrazione è pari a 36782 euro, la scuola può contare su una retribuzione media di 30143 euro (a esclusione dei dirigenti). E questo, nel 2021, non è più accettabile.
Chi insegna non si limita a impartire un sapere – che, già di per sé, meriterebbe un adeguato e cospicuo apprezzamento di carattere economico. Chi insegna custodisce le chiavi della società: tramanda il passato, analizza il presente, forma i cittadini del futuro, la classe dirigente del domani, gli uomini e le donne che, forse, potranno finalmente cambiare questo Paese ancora spaventosamente ricco di disuguaglianze e violazioni del diritto. È tempo, dunque, di colmare il differenziale contributivo esistente con l’Europa e rendere il lavoro docente una professione nobile, come il suo intento, valorizzata economicamente e riconosciuta socialmente.
Chi vuole firmare la petizione può farlo da qui: FIRMA LA PETIZIONE
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