Classi pollaio e calo demografico: due grane per Bianchi
Mentre la Fondazione Gimbe boccia le nuove misure pensate dal Governo per ripristinare la didattica in presenza, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi fa il punto su quello che, ancora, rappresenta un nodo cruciale per il regolare svolgimento delle lezioni: le classi pollaio.
Il successore di Azzolina – che a sua volta si era impegnata in tal senso – assicura l’arrivo di nuovi fondi da destinare alle scuole: secondo quanto riferiscono i sindacati presenti al tavolo tecnico per l’avvio del prossimo anno e l’applicazione del protocollo di sicurezza, parliamo di 22 milioni di euro previsti per arginare il problema, ma soltanto ad alcune condizioni.
La somma, infatti, non sarà distribuita tra tutti gli istituti scolastici, ma unicamente tra quelli che avranno più di cinque classi con un numero di alunni superiore a quanto previsto dalla normativa vigente. Secondo il Ministro, si tratta del 2.9% delle classi e si trova soprattutto negli istituti tecnici e superiori delle grandi città. Bianchi assicura, inoltre, che a viale Trastevere hanno un’analisi puntualissima della situazione, una conoscenza millimetrica del sistema che permetterà di intervenire in modo mirato e tempestivo. Al contrario, si dice preoccupato da un’altra questione: «Non abbiamo più bambini».
Ai microfoni di una nota trasmissione tv, il Ministro sposta l’attenzione sulla difficoltà nel formare le prime classi in alcune località del Paese, vittime dell’abbandono di quei tanti che scelgono di spostarsi nei centri maggiori e, soprattutto, del calo demografico che da anni interessa lo Stivale. Come sappiamo, le nascite, in Italia, sono in riduzione costante dal 2008, anno con cui si identifica la crisi economica che caratterizza il nuovo millennio: nell’ultimo triennio, però, il totale dei neonati è sceso – per la prima volta dal 2015 – sotto il mezzo milione e non sembra avere intenzione di risalire, complice anche (ma non solo) la pandemia, di cui l’Istat registra i primi effetti nel suo rapporto relativo alla natalità del 2020.
L’Istituto Nazionale di Statistica calcola, infatti, che lo scorso anno i neonati sono stati appena 404mila. Nel 2021, invece, dovrebbero attestarsi tra le 380mila e le 390mila unità, in seguito al forte aumento dei decessi che hanno toccato quota 746mila. Come abbiamo già visto, il fenomeno ha forti ripercussioni anche sulla scuola: meno bambini significa, infatti, meno studenti e meno studenti significa meno plessi scolastici. Solo negli ultimi cinque anni, il numero di alunni della primaria è diminuito di oltre 200mila unità (-8%), con conseguenze soprattutto sulle piccole scuole.
Gli istituti sono, oggi, circa 361 in meno, di cui 164 soltanto al Sud. Nel prossimo anno, invece, si stima che ne chiuderanno altri 22. I dati peggiori si registrano in Piemonte (-70), Campania (-62), Sicilia e Calabria (-51), Veneto (-28), Abruzzo (-27), Lombardia (-26) ed Emilia-Romagna (-20). Il dato migliore, invece, è quello ligure con due scuole in più. Dunque, se nell’anno scolastico 2015/2016 gli alunni della primaria sono stati 2 milioni e 584mila, almeno 200mila sono quelli che non ci saranno il prossimo settembre. A tal proposito, già si registra un netto calo delle iscrizioni e, quindi, del numero di classi che si andranno a formare, in particolare in Campania (17897 alunni in meno) e in Sicilia (quasi 14mila studenti in meno).
«Abbiamo anche un problema opposto – spiega il Ministro Bianchi, rispondendo a chi gli segnala le classi pollaio – Il quadro va visto nel suo insieme». E, di certo, non è rassicurante. La questione, ovvio, riguarda l’intero Paese e l’intera classe istituzionale, non solo il Ministero dell’Istruzione. Ma ripensare la scuola anche in quest’ottica può rivelarsi un primo importante passo. Magari, iniziando proprio dal renderla più vivibile.
Il concetto di classe pollaio è piuttosto generico perché non quantifica il limite massimo di alunni per sezione, che può oscillare, in media, dalle 15 alle 30 unità. Secondo quanto si legge sul sito del MIUR, il numero degli alunni nelle classi iniziali che accolgono studenti diversamente abili non può superare il limite di 20, purché sia motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili. Le sezioni della scuola dell’infanzia, invece, sono costituite con un numero minimo di 18 e un massimo di 26 alunni, salvi i casi di presenza di alunni disabili. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti tra le diverse sezioni della stessa scuola, senza superare il numero di 29 alunni per sezione.
Anche le classi della scuola primaria sono costituite con un numero minimo di 15 e un massimo di 26 alunni, salvi i casi di presenza di alunni disabili. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti tra le diverse sezioni della stessa scuola, senza superare il numero di 27 alunni per sezione. Nei Comuni di montagna, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche possono essere costituite classi con un numero minimo di 10 alunni.
Le sezioni della scuola secondaria di I grado, invece, sono costituite con un numero minimo di 18 e un massimo di 27 alunni. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti tra le diverse sezioni della stessa scuola, senza superare il numero di 28 alunni per classe. Si procede alla formazione di un’unica classe quando il numero degli iscritti non supera le 30 unità. Nei Comuni di montagna, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche possono essere costituite classi anche con alunni iscritti ad anni di corso diversi, con un numero massimo di 18 alunni.
Le sezioni della scuola secondaria superiore, infine, sono costituite con un numero minimo 27 alunni. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti nelle classi dello stesso istituto, sede coordinata e sezione staccata, senza superare il numero di 30 alunni per classe. Le classi del primo anno di corso delle sedi coordinate e delle sezioni staccate e aggregate, le sezioni di diverso indirizzo o specializzazione funzionanti con un solo corso devono essere costituite con un numero minimo di 25 alunni.
Ma quante sezioni, dall’infanzia alle superiori, raggiungono o superano questi numeri? Aule così affollate non possono considerarsi classi pollaio? Non sarebbero più gestibili meno alunni? Secondo una stima, se si considerassero un limite i 25 studenti per classe, in totale avremmo 31mila sezioni con un’eccedenza di iscritti, vale a dire l’8.6% di quelle attivate. Non poche. E, forse, è a queste che si riferisce l’intesa sulle misure di sicurezza da adottare che le organizzazioni sindacali e il Ministero hanno siglato poche settimane fa, accennando a un intervento più organico che sia finalizzato al miglioramento dei parametri relativi al dimensionamento scolastico e alla numerosità degli allievi per classe. Ed è per queste che è prevista l’attivazione di un piano sperimentale di intervento sulle istituzioni scolastiche che presentino classi particolarmente numerose mediante lo stanziamento di apposite risorse che consentano di porre in essere azioni mirate e specifiche (più docenti, più ATA, attenzione agli aspetti logistici e all’ampliamento dell’offerta formativa) anche al fine di favorire il distanziamento interpersonale.
Che sia la volta buona?
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