Maturità: finiti gli esami, ai ragazzi raccontiamo la verità
Ha avuto il via martedì 16 giugno la seconda Maturità in epoca Covid. Dopo l’ennesimo anno scolastico complesso, per i maturandi è arrivato il tempo di cimentarsi nella grande prova, anche stavolta rivisitata per fronteggiare la crisi pandemica. Nessuna verifica scritta, nessun vocabolario da portarsi dietro per la versione, nessuna calcolatrice per i conti algebrici: gli esami di Stato 2021 sono soltanto orali.
Ad aprire il colloquio, un elaborato a cura dello studente il cui argomento è stato assegnato a ciascun alunno alla fine di aprile sulla base del percorso svolto e delle discipline materie di indirizzo. La relazione è da integrarsi, anche, con le esperienze relative ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento o con le competenze individuali del singolo maturando, elencate nel curriculum presentato in fase di accesso agli esami. Si procede, poi, con l’analisi di un breve testo, già studiato nel corso delle lezioni di lingua e letteratura italiana, e con la discussione dei temi proposti dalla commissione per passare, infine, alla presentazione, da parte del candidato, della propria esperienza di PCTO. Importante, in fase di colloquio, dimostrare di aver maturato conoscenze e competenze nell’ambito dell’educazione civica.
Il punteggio finale è il risultato della somma dei crediti attribuiti all’orale (per un massimo di 40 punti) e di quelli riconosciuti allo studente negli anni di studio (per un massimo di 60 punti). A discrezione della commissione potranno essere attribuiti fino a 5 punti bonus ai ragazzi più meritevoli.
Agognata, sognata, rimuginata. Con la Maturità è sempre la stessa storia, è sempre una grossa emozione. Per i ragazzi, certo, ma non solo per loro. Un ciclo finisce, un altro comincia. Va così, ogni anno. In bocca al lupo, auguri, ricordi di gioventù. Gli esami di Stato coinvolgono sempre tutti, ognuno con la sua voglia di raccontare la propria esperienza, di elargire consigli, di commuoversi per i ragazzi che si apprestano a vivere giorni impegnativi ma non impossibili, di certo non i più difficili. Frasi sprecate, ripetute come un mantra allo scadere dei dodici mesi, tra un compito in classe e un altro, tra le note di Antonello Venditti e il professor Giorgio Faletti immancabile in tv. Studenti, maturandi, giovani adulti incoraggiati a non mollare, a guardare al domani, perché non sarà un numero, un voto, un orale meno brillante a definirli. Ed è così, per fortuna.
Nessuno che, però, dica loro la verità: da domani non cambia niente, da domani, anzi, le difficoltà aumenteranno e avrete bisogno di forza, tanta forza, determinazione, cultura e pure un poco di fortuna. Dovrete tracciarvi un percorso e mettere in conto che probabilmente devierete, o vi faranno deviare, e allora vi toccherà ricominciare. Una volta o, forse, anche molte di più. Nessuno che li aiuti a costruirselo il futuro, quello del giorno dopo i quadri, il diploma, il liceo, quello dopo l’estate più lunga della vostra vita. E, invece, potrebbero essercene tante altre. Non vi abituerete mai. Nessuno che li guidi prima, lezione dopo lezione, nel corso di quella formazione sempre più blanda per favorire le politiche aziendali di una scuola scarsamente buona. Di una scuola che avrà chiesto loro di compilare un curriculum, di sfoggiare attitudini e opportunità, di candidarsi alla competizione più che all’apprendimento. Una scuola borghese che non ha più vergogna di mostrarsi come tale.
Nessuno che li premi quando quel voto lo hanno raggiunto con il sudore – quello vero – o che li fermi quando non è ancora il tempo. Perché se cadi, hai un ritmo diverso o, semplicemente, poca voglia, la bocciatura è un fallimento. E guai a fallire nella società dell’ostentazione. Guai a pensare alla ripetizione di un anno come a un sostegno, a un’opportunità nuova, alla ricerca del metodo giusto. Porsi qualche domanda e imparare a trovare la risposta, anche poco gradita. Guai a rimandarli quei ragazzi, che la competizione è innanzitutto tra gli istituti, tra i dirigenti, tra le maglie di colori diversi da attribuire alle scuole ogni anno. Come se una classifica potesse riassumere le dinamiche quotidiane, gli sforzi immani di docenti costretti a lavorare in ambienti difficili e giovani che vorrebbero solo una vita – e una scuola – normale.
Nessuno che racconti ai ragazzi che il mondo non aspetta loro, ma che dovranno andare a prenderselo, a farlo proprio, il più delle volte controvento, il più delle volte soli e spaventati, del tutto disorientati. Impreparati agli imprevisti e persino ai troppi già visti. Perché è anche così, purtroppo – o per fortuna –, che si diventa adulti, personalità forti abbastanza da non mollare alle prime difficoltà, ai primi ostacoli, ai primi le faremo sapere.
Nessuno che dica loro quanto diventeranno un peso per la società, quanto saranno fannulloni, svogliati, bamboccioni a casa di mamma e papà per una paga troppo bassa, troppo indegna, troppo disumana che finiranno con l’accettare per sopravvivere o, magari, per spenderla in un biglietto aereo di sola andata. Che qua, nel Paese del prima gli italiani, sono proprio gli italiani i primi a emigrare.
Nessuno che li prepari, ancor prima che come studenti, come uomini e donne, come cittadini, come modelli da seguire e non incoscienti da emulare. Perché la vita è fatta anche da questo, da esempi, da persone perbene che ogni giorno si spaccano la schiena per avere la coscienza dritta. Pure se ormai sono impopolari. Nessuno che dica loro quanto il ricordo di questi giorni riverbererà negli anni a venire e ogni cosa avrà cambiato forma, come nella più classica delle reminiscenze.
Le belle frasi vanno dette, una certa magia conferita, un incoraggiamento mai negato, ma poi, visto che si fanno “grandi”, ai ragazzi andrebbe regalata sincerità, andrebbero garantite opportunità e responsabilità, non dall’alto, non solo. Perché se si insegna che la vita è sogno, soltanto sogno, a un certo punto ci si sveglia fin troppo sudati. E sarà allora che li avremo persi. Sarà allora che avranno smesso di guardare al domani e noi con loro.
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