Campania: scuole chiuse ma negozi aperti
«Da lunedì 1 marzo chiudiamo tutte le scuole»: a dichiararlo, nel pomeriggio di venerdì, è stato Vincenzo De Luca, il Presidente della Regione Campania. L’annuncio, prevedibile e previsto, è arrivato ad appena un mese dalla riapertura degli istituti scolastici, una scelta che aveva già diviso famiglie e insegnanti.
Come sappiamo, a prendere la decisione era stato il CTS che aveva stabilito che gli studenti di licei e istituti professionali potessero rientrare in aula nella misura del 50% e fino a un massimo del 75%. In molti, tuttavia, si erano detti scettici – tra famiglie e docenti – perché convinti che senza un concreto piano vaccinale si sarebbe rischiato un nuovo cortocircuito. E così è stato.
Dalla prossima settimana, quindi, in Campania – come già in diverse altre zone d’Italia – si ricorrerà alla tanto discussa didattica a distanza, quella che nei primi mesi di pandemia aveva assicurato lo svolgimento più o meno regolare dell’attività scolastica e che adesso in tanti – gli stessi politici che l’hanno sostenuta – demonizzano come non scuola, arrivando addirittura a chiedere che le lezioni in presenza si protraggano sino a giugno inoltrato. Una possibilità che al momento, e per fortuna, sembra accantonata.
La proposta, tuttavia, ha lasciato l’amaro in bocca, scatenando la solita pioggia di critiche nei confronti degli insegnanti che – a giustissima ragione – vi si erano opposti, stanchi di fungere da scaricabarile di fallimenti altrui. Il lavoro che il nuovo governo avrebbe voluto affidare loro, infatti, è già stato ampiamente svolto: perché se gli istituti sono stati – e saranno ancora – chiusi, la scuola non ha smesso la propria funzione. Anzi, il corpo docente è stato chiamato a sacrifici e impegni ben più onerosi di quelli previsti e senza mai alcun riconoscimento.
Intanto, il Presidente De Luca ha così giustificato la nuova situazione: «C’è alto rischio a causa delle varianti del virus e non possiamo più rischiare. Ringrazio il personale scolastico ma non è possibile andare avanti». Il tasso di positività in regione, infatti, è pari all’11.23%, un dato in costante crescita e destinato ancora a salire, con una media di circa 2mila contagi quotidiani e un incremento significativo delle varianti. «Non credo che dobbiamo aspettare che ci sia un’epidemia diffusa di COVID anche fra i ragazzi di 10, 15 o 18 anni, con buona pace di qualche comitato sempre pronto a fare ricorsi al TAR. […] Dobbiamo far fronte alle varianti emerse e dobbiamo completare la vaccinazione del personale scolastico. Sono due motivi precisi, chiari, che non hanno nulla di ideologico e sono indifferenti alla logica della lamentela continua».
A tal proposito, al contrario di quanto concerne gli over 80, per i quali il piano vaccinale ha appena subito un drastico stop, la situazione di chi coordina le classi sembra diversa: «Abbiamo 114mila prenotazioni e ne abbiamo vaccinati 28mila con 142mila dosi disponibili. Dunque, abbiamo la possibilità per marzo di completare la vaccinazione del personale scolastico. Poi parleremo della riapertura delle scuole». Questa, almeno dal punto di vista sanitario, è la più rosea delle previsioni. La più nera, invece, se si guarda al diritto allo studio. Per il rientro in aula, infatti, i tempi si prospettano decisamente più lunghi.
Sempre sul fronte vaccini, il Presidente De Luca ha denunciato la sperequazione delle dosi giunte in Campania rispetto ad altre regioni: «Abbiamo ricevuto 64mila dosi in meno rispetto al Lazio che ha la stessa nostra popolazione; 26mila in meno dell’Emilia Romagna che ha 1.3 persone in meno rispetto a noi. E 7mila in meno del Veneto che ha 900mila abitanti in meno. […] Se non arrivano i vaccini potremmo preferire fare la prima dose e poi si vede. Cosa vuol dire? Che la copertura contro il virus per quello che riguarda i Pfizer, Moderna o AstraZeneca si riduce. Ma se dobbiamo stare fermi meglio avere una copertura al 50-60% che stare a contemplare il nulla. Vedremo come evolve la situazione».
Lo stesso governatore ha poi parlato della fiammata di contagio di queste settimane come dell’esatta conseguenza di un Paese abbandonato a se stesso: «Fasce, controfasce, zone e controzone sono palliativi se non abbiamo un controllo rigoroso delle norme essenziali di sicurezza», ha aggiunto sollecitando il nuovo esecutivo a mettere in piedi un piano di sorveglianza e prevenzione che sia veramente tale. Altrimenti, sarà tutto inutile. O, perlomeno, il calvario sarà prolungato di mesi e mesi. Al netto delle sue responsabilità, è difficile dargli torto. Anche e, soprattutto, dopo la conferma della regione Campania come zona arancione.
Il Ministero guidato da Roberto Speranza, infatti, ha lasciato che le cose da queste parti restassero invariate, il che è un enorme controsenso. O, meglio, l’ennesima dimostrazione di quali siano le priorità di questo Paese. Scuole chiuse ma negozi aperti. Per i ragazzi, dunque, è possibile ritrovarsi al parco, fare shopping, assembrarsi – perché, come si accennava, i controlli mancano e, quando ci sono, non risultano incisivi – ma non andare in aula a seguire le lezioni. Non sarebbe stato più coerente – e giusto – fermare tutto per agevolare una ripresa più rapida e sicura delle attività didattiche? Il punto è sempre lo stesso: il commercio produce guadagno, lo studio è soltanto nemico di un mondo diverso.
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