Concorso ordinario: chi l’ha visto?
Il concorso ordinario si svolgerà? Sono in tanti a chiederselo in questi giorni di angoscia e DPCM. Le ultime notizie in merito risalgono a qualche settimana fa, a quando Lucia Azzolina, chiamata a rispondere in Aula, aveva fermamente scongiurato l’ipotesi del rinvio. A oggi, però, non ci sono date né certezze, soltanto dubbi e poca chiarezza.
Se dal MIUR hanno sempre confermato che la procedura concorsuale ordinaria sarebbe stata avviata subito dopo quella straordinaria, infatti, a novembre ormai iniziato nessun calendario è ancora stato reso noto. È alquanto improbabile, dunque, che le preselettive si svolgeranno entro dicembre 2020, il che, in tutta onestà, potrebbe non essere un male, soprattutto adesso che la curva epidemiologica è fuori controllo e il Paese corre ai ripari con forme rivisitate di lockdown.
Il concorso prevede l’assunzione di circa 45mila docenti a partire già dal prossimo anno scolastico. Vien da sé che dare il via ai test implicherebbe lo spostamento di un numero elevato di aspiranti assolutamente da evitare, così come erano da evitare le trasferte dei precari alle prese con i test straordinari per le immissioni in ruolo di settembre 2021. I dati resi noti dal Ministero dell’Istruzione alla scadenza dei tempi utili per la presentazione delle candidature fissata al 31 luglio scorso parlano chiaro: le domande di partecipazione per infanzia e primaria superano quota 76mila. Più di 430mila, invece, sono le istanze per la secondaria di I e II grado. I posti a disposizione, dicevamo, decisamente molti meno.
Proprio in queste ore, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sta illustrando alle Camere quelle che saranno le misure restrittive contenute nel DPCM probabilmente in vigore da mercoledì. E, sebbene non ci siano ancora conferme o notizie ufficiali, non sembrano paventarsi grosse novità per i concorsi.
Già alla vigilia del precedente decreto ministeriale si era parlato della possibile sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali pubbliche e private e di quelle di abilitazione alla professione, a esclusione delle selezioni per il personale sanitario e della protezione civile e fatti salvi i procedimenti in corso. Un’ipotesi rivelatasi, poi, soltanto tale, cancellata dagli atti promulgati. Con le nuove misure paventate, però, il discorso potrebbe cambiare, quantomeno per i test a venire.
Se, infatti, al netto dei prevedibili impedimenti in termini di mobilità regionale, appare improbabile che il concorso straordinario possa essere messo in stand-by, perché ormai già iniziato e, nel giro di due settimane, in dirittura d’arrivo per ciò che concerne le prime prove, potrebbe rivelarsi decisamente più ragionevole pensare di lavorare a un nuovo calendario per la procedura ordinaria. In questo modo, si limiterebbero trasferte e pericolosi assembramenti, attualmente da scongiurare senza se e senza ma, aggirando anche il rischio corso da chi oggi per motivi di salute personale e pubblica non può partecipare alle verifiche.
Come già ampiamente denunciato, infatti, al momento non sono previste prove suppletive per i cosiddetti assenti giustificati, vale a dire coloro che hanno riscontrato una positività al COVID o sono sottoposti a regime di quarantena o diversa limitazione imposta su ordinanza o decreto. Un’ingiustizia – in via ufficiale motivata da tempi concorsuali da ridurre e principi di equità da rispettare – che contrasta fortemente con il diritto a prendere parte a una pubblica selezione, al momento inequivocabilmente leso. Perché se, come già ribadito, le ragioni offerte a propria difesa dal Ministero di Azzolina sono valide in condizioni normali, non possono ritenersi ammissibili in un’annata di pandemia cui, purtroppo, va garantita un’eccezionalità non di poco conto. Innanzitutto, ascoltando le parti ed evitando capricci, quindi rinviando a data da destinarsi tutti i concorsi approvati quando il virus non muoveva le fila dei nostri destini.
Il timore, invece, è che alla voce motivi di lavoro, studio e comprovate necessità, che consentirà la libera circolazione anche dopo il DPCM, possano rispondere persino gli spostamenti per fini concorsuali. Come se rimandarli, adesso, fosse per il MIUR e per Lucia Azzolina – ma, anche, per chi al governo ha avallato tutte le iniziative del Ministro, parlando di una fantomatica sicurezza venuta meno a pochissime settimane dal rientro in aula – un’ammissione di colpevolezza, una sconfitta non annoverabile nei propri annali.
Le misure restrittive possono escludere i candidati? È davvero necessario, in una fase tanto delicata come quella che stiamo vivendo, insistere su una tabella di marcia che rischia di avere non poche ripercussioni sulla tenuta del Paese? Non è sufficiente la media di 30mila casi al giorno per giustificare uno stallo – si spera – momentaneo? Rileggendo i dati del MIUR, si evince che le regioni per quali sono state presentate più domande risultano Lombardia, Lazio e Toscana per ciò che concerne infanzia e primaria; Lombardia, Lazio e Campania per la secondaria di I e II grado. Per ciò che riguarda la provenienza geografica dei candidati, invece, in entrambi i casi la maggior parte delle domande viene dal Sud con la Campania che registra il numero più alto di aspiranti, seguita da Sicilia e Puglia. Tutte regioni che, a esclusione di quelle per le quali è intervenuto il governo nazionale, hanno già provveduto da sé ad attivare la didattica a distanza in risposta a una situazione scolastica incontrollabile.
Se le preselettive dovranno svolgersi per tutte le classi di concorso nella stessa giornata, rispettando le norme di sicurezza paventate anche per la procedura straordinaria, sarà dunque necessario uno sforzo notevole nella ricerca di aule e fondi per sanificare nuovamente ogni ambiente. Senza contare i tanti – tra aspiranti e commissari, nonché gli addetti alla sicurezza e personale vario – che dovranno muoversi per raggiungere gli istituti, magari con anticipo, ora che i trasporti pubblici non potranno far salire a bordo più del 50% degli utenti ospitabili.
In attesa del documento ufficiale, l’augurio è che i concorsi non abbiano luogo nel breve termine – dimostrando, almeno per una volta, di saper fare un passo indietro quando inevitabile – affinché si possano garantire a tutti, candidati e non, massima sicurezza, trasparenza e opportunità. E non ci sembra poco.
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