Scuola: Azzolina e ISS fiduciosi. Intanto, si attende il Decreto Agosto
Un po’ meno calcio e un po’ più scuola: a chiederlo, ospite di Lucia Annunziata, è stato il Ministro della Salute Roberto Speranza, intervenuto a commento della querelle Juventus-Napoli che ha tenuto banco nel corso dell’intero weekend scorso. Una frase breve e inequivocabile che in tanti hanno ripreso e che in molti, al contempo, hanno criticato perché di facile plauso, ma di scarsa concretezza.
A quasi un mese dalle prime aperture degli istituti scolastici non c’è giorno che non sia animato da polemiche e frustrazione, in particolare da parte dei docenti e del personale tutto che, al netto degli enormi sacrifici, non sempre riescono a garantire l’obbligatoria sicurezza e il diritto allo studio costituzionalmente previsto. La pandemia e le conseguenti nuove modalità di lezione stanno, infatti, mettendo a dura prova la tenuta mentale delle parti in causa, soprattutto in quelle realtà che ancora faticano ad assicurare distanziamenti adeguati e didattica integrata. Restano tanti, purtroppo, gli istituti che lamentano mancanza di docenti e di banchi – monoposto o con le rotelle non fa differenza –, latitanza di mascherine per il personale e linee internet efficienti per consentire, dove necessario, la connessione dei ragazzi a casa o le registrazioni delle spiegazioni al fine di fornire sufficiente supporto a chi non segue in presenza e ridurre la mole di lavoro terminato il proprio orario. Invece, stando alle dichiarazioni della politica, la scuola pare non affrontare alcuna criticità.
Il dibattito, quando c’è, sembra concentrarsi soltanto sul numero di eventuali positivi riscontrati in aula, come se l’efficienza di un’istituzione come quella in questione passasse tutta di lì. Certo, al momento, l’obiettivo principale è – e deve essere – impedire o limitare il più possibile il diffondersi della pandemia, tuttavia non basta, per trarre le prime conclusioni e ragionare sul da farsi, limitarsi a questo, ignorando quelli che sono e restano problemi atavici di un comparto che fa acqua da sin troppe parti e che il COVID ci ha riproposto, ampliandoli, senza alcuna pietà. I tagli drastici cui abbiamo assistito negli anni, gli investimenti a favore dei privati e a discapito del pubblico, lo svilimento del ruolo formativo stanno oggi presentando il conto. Salato come forse nemmeno credevamo.
Sull’andamento epidemiologico si è espresso di recente anche il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina al termine del suo incontro con l’Istituto Superiore di Sanità: «La scuola non ha avuto un impatto sull’aumento dei contagi in generale se non in modo residuale», ha dichiarato. «Nelle prime due settimane, dal 14 settembre, il personale docente che risulta contagiato è lo 0.047%, il personale ATA è lo 0.059%, mentre gli studenti lo 0.021%». I contagi nelle scuole risultano, infatti, sporadici e contratti, nella maggior parte dei casi, al di fuori degli istituti, lì dove la responsabilità singola e istituzionale hanno un peso diverso che è l’unico capace di assicurare un vero argine al dilagarsi del COVID. A ribadirlo, la stessa titolare del MIUR: «Il sistema scolastico sta tenendo perché attrezzato. […] Serve molta più prudenza nel pre e post scuola». Il riferimento a trasporti, controlli e consapevolezza da parte dei più giovani è implicito ma chiaro.
Ciò che invece il Ministro non ha precisato, nei suoi dati tutto sommato rassicuranti, è il numero delle scuole chiuse (178) e di quelle in cui si è verificato almeno un caso di coronavirus (1228) – aggiornamenti al 5 ottobre – che ha significato, oltre che preoccupazione e talvolta confusione, interruzione delle attività e ripresa a singhiozzi, con tutte le inevitabili conseguenze organizzative e sanitarie. Un numero che potrebbe aumentare se, come annunciato nei giorni precedenti, si procedesse a controlli più serrati o, come probabilmente chiarirà il prossimo DPCM, in caso di lockdown mirati e locali. Quando, cioè, la didattica a distanza tornerebbe il solo strumento capace di garantire il regolare prosieguo delle lezioni. E, qui, il discorso meriterebbe un approfondimento a parte, non dissimile da quello che ci ha accompagnato nei mesi più duri, a livello nazionale, traghettandoci verso la conclusione dell’anno scolastico scorso.
Intanto, è delle ultime ore l’approvazione in Senato del dl n.104, prossimamente in esame alla Camera, che prevede lo stanziamento aggiuntivo di un miliardo per l’edilizia scolastica, per i patti di comunità e per l’adeguamento dell’attività didattica per il 2020-2021. Il Decreto Agosto, infatti, implica un incremento degli investimenti già effettuati da suddividersi in 400 milioni di euro nel 2020 e in 600 milioni nel 2021. Prevede, poi, che le istituzioni scolastiche stipulino accordi con gli enti locali contestualmente a specifici patti di comunità, di collaborazione, anche con le istituzioni culturali, sportive e del terzo settore, o ai piani di zona, opportunamente integrati, di cui all’articolo 19 della legge 8 novembre 2000, n. 328, al fine di ampliare la permanenza a scuola degli allievi, alternando attività didattica ad attività ludico-ricreativa, di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale e motorio-sportivo. Un’iniziativa che speriamo di poter commentare positivamente, pur nei dubbi che non possono non attanagliarci.
Il testo prevede, infine, la sostituzione del personale sin dal primo giorno di assenza. Per permettere tale sostituzione fin dal primo giorno di assenza, nelle risorse destinate per tale finalità come nel complesso incrementate, è effettuato un accantonamento pari al dieci per cento; allo svolgimento di prestazioni aggiuntive prestate dal personale amministrativo del Ministero dell’Istruzione e delle istituzioni scolastiche impegnato nelle operazioni di avvio dell’anno scolastico 2020/2021.
In sede di discussione a Palazzo Madama è stato approvato, inoltre, un emendamento – la cui prima firmataria è la senatrice Loredana De Petris (LeU) – che elimina la possibilità di licenziare il personale senza indennizzo in caso di sospensione della didattica. Una novità importante che mette a tacere le polemiche delle ultime settimane in merito alla discriminatoria norma introdotta nel Decreto Rilancio che aveva istituito il cosiddetto organico COVID, vale a dire quell’organico di emergenza che si va ad aggiungere al personale docente e amministrativo, nonché tecnico e ausiliario (ATA) già in dotazione presso le singole istituzioni scolastiche, che ne prevedeva il licenziamento in tronco a un eventuale nuovo lockdown. Altra novità riguarda, infine, l’inclusione del personale scolastico nella modalità di lavoro agile e flessibile dalla quale, al contrario dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in generale, risultava escluso.
La speranza è che questi annunci – e questi numeri – non si limitino a essere tali. È chiaro che ogni bilancio o considerazione su misure, provvedimenti e andamento scolastico in generale sono da rapportarsi al momento specifico. Soprattutto quest’anno che, alle inefficienze e titubanze solite, va aggiunta l’imprevedibilità della pandemia. Lungi da noi fare un processo alle intenzioni, è però innegabile che chi vive quotidianamente la scuola ha una visione meno ottimistica del Ministero e il terrore che la precarietà dell’equilibrio che con fatica si tenta di mantenere giorno dopo giorno a supporto dei sacrifici enormi possa franare in un niente. Ciò che resta, comunque, al netto del plauso facile, è la frase di Roberto Speranza: meno calcio e più scuola. Perché è questa la priorità.
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