Turi, Uil scuola: ‘La scuola statale va messa in sicurezza’
Quella della stabilizzazione del precariato sembra essere ormai una necessità incombente. L’esodo dei giovani costretti a emigrare altrove alla ricerca di un posto di lavoro è un fenomeno correlato preoccupante che la società civile non dovrebbe assolutamente permettere. Proprio nel mondo della scuola si registra un numero di precari troppo alto perché si possa ignorarlo ancora. Eppure nel leggere i titoli dei quotidiani delle ultime settimane, dove l’accento è posto sulla migliaia di cattedre vacanti che rischiano di paralizzare l’avvio del prossimo anno scolastico, sembra davvero paradossale il continuare a negare il diritto all’assunzione dei precari con 36 mesi di servizio.
Le proposte dei sindacati, tutti concordi rispetto ad una soluzione costituzionale e rispondente alle direttive comunitarie, restano inascoltate dall’attuale governo che sembra, al contrario, voler infierire ancora su questa importante fetta di docenti che ha costituito uno dei suoi principali serbatoi di voto.
Non meno indignazione suscita quella che ormai è definita come “la secessione dei ricchi”: la regionalizzazione del sistema istruzione non può essere la via attraverso la quale risanare un sistema che per risorgere non può che restare statale. Con un pizzico di malizia si potrebbe addirittura pensare che mantenere alto il numero di precari, lasciarli ancora nell’oblio, possa essere una manovra subdola finalizzata all’ accettazione, ob torto collo, del vile disegno secessionista, addirittura incautamente accelerato in alcune regioni (del Nord, naturalmente).
Se ciò dovesse accadere, i finanziamenti destinati all’istruzione e alla ricerca si concentrebbero nelle aree del Paese in cui servono maggiormente, laddove cioè occorre forza-lavoro qualificata e ricerca, con l’obiettivo di essere al passo o addirittura anticipare i cambiamenti tecnologici in atto. È palese dunque che, in queste condizioni, il Sud sarà nuovamente e irrimediabilmente destinato a piegarsi e a restare in trincea, soprattutto in seguito all’incremento del numero di studenti meridionali che andrà a iscriversi in sedi del Nord e a quello di docenti che sempre lì cercheranno la tanto agognata stabilizzazione.
Uil Scuola RUA, Cgil e Cisl chiedono un tavolo di confronto serio e costruttivo, persuasi che solo attraverso il dialogo si potrà garantire il sacrosanto diritto allo studio dei tanti alunni che da anni aspettano di ritrovare nella scuola quella guida che da sempre ha contribuito alla formazione di cittadini responsabili e consapevoli.
9 febbraio, 12 marzo sono solo le prime date in cui la comunità educante intera è scesa in piazza, in tutte le piazze d’Italia, per chiedere con determinazione l’apertura di un dialogo con i rappresentanti eletti dal popolo, un tavolo tecnico con le OO.SS per tracciare una strada che tuteli i diritti di ‘tutti e di ciascuno’.
“Il prossimo anno farà registrare cifre sbalorditive riferite ai contratti a termine. 200mila precari continueranno a far funzionare la scuola statale, è la stima dei sindacati” – così Pasquale Vespa, coordinatore UIL Scuola Precari e presidente AnDDL -. “Altro che continuità didattica, altro che rispetto dei Cittadini da parte di quei partiti e movimenti che hanno promesso la stabilizzazione in campagna elettorale. I politici del “Cambiamento” una volta incassati i voti si sono scatenati contro i lavoratori.”
Il segretario nazionale Uil scuola, Giuseppe D’Aprile sostiene: “Valorizzare e non disperdere l’esperienza pluriennale dei docenti che hanno maturato almeno tre anni di servizio nelle scuole statali (non pubbliche) attraverso una fase transitoria concorsuale non selettiva ma rapida; solo così – dichiara D’Aprile – possiamo assicurare la continuità didattica agli alunni i quali, diversamente, anche quest’anno assisteranno al ‘balletto’ dei docenti da una scuola all’altra a danno di un’offerta formativa che risulterebbe frammentaria e discontinua.
Non una posizione corporativa la nostra –dichiara D’Aprile – ma un tassello importante e necessario per riaffermare il valore della scuola statale, quella costituzionale e nazionale, il cui compito è quello di formare i futuri cittadini di questo paese.”
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